«Qui sembra tutto risolto, invece di concreto non c'è ancora niente». Primo Maggio aspettando un bonifico di poche centinaia di euro. I lavoratori Treofan sono ancora in attesa della cassa integrazione. Il tavolo per la reindustrializzazione del polo chimico ternano è appena partito. Di progetti legati a bioplastiche e biofilm hanno cominciato a parlare la viceministra Todde e l'assessore regionale Fioroni. Ma la richiesta di cassa integrazione deve essere ancora sbloccata dalla VI commissione del Ministero del Lavoro. Bene che vada i soldi arriveranno non prima di luglio. L'ultimo stipendio vero preso dai lavoratori risale a febbraio. Poi sono arrivate le buste paga in passivo e proposte tipo anticipo del Tfr, premio di partecipazione 2020 e rateo di tredicesima e quattordicesima. «Ma l'anticipo del Tfr, che non tutti hanno a disposizione, o un eventuale sblocco del fondo pensione sono soldi che potrebbero esserci utili in vecchiaia.
In quella data scadrà il blocco dei licenziamenti, ma intanto senza la cassa integrazione è difficile ricollocarsi: «L'ammortizzatore è uno sgravio e in quel caso un datore di lavoro è ben voluto ad assumere - spiega il più giovane del gruppo - ma per noi è impossibile venire chiamati. Stiamo come sei mesi fa, tranne che non abbiamo lo stipendio». Ben venga la reindustrializzazione, chiariscono: «Ho passato una vita dentro lo stabilimento e sarebbe importante per tutto l'indotto. Va bene la chimica verde e la transizione ecologica, ma noi in tasca non abbiamo niente ancora mentre c'è chi è a stipendio pieno. Ci sentiamo presi in giro». Al punto 4 del verbale di accordo del Mise si legge in effetti che «a fronte della cessazione dell'attività produttiva, i lavoratori saranno sospesi a zero ore e senza rotazione, tuttavia la società potrà richiamare in servizio il personale sospeso che riterrà necessario per completare attività non ultimate, per lo smaltimento del sito e/o degli uffici, per la dismissione degli impianti ovvero per lo svolgiento delle attività amministrative o di altro genere». Ma nello stabilimento, a prendere la retribuzione piena, secondo questo gruppo di lavoratori ce ne sono troppi: «Il liquidatore ci deve dire che ci stanno a fare più di 20 persone negli uffici. Questo succede anche perchè i sindacati sono spaccati. Ci sono delegati che non si parlano tra loro. Altre vertenze sono andate a buon fine e in tempi rapidi perchè c'era unità. Qui addirittura facciamo i picchetti separati» concludono.