Più che un successo televisivo, un fenomeno di massa. Al di là degli ascolti record, un “caso” di dimensioni globali sconfinato su social e piattaforme. Mare Fuori, la fiction di Rai2 dedicata ai giovanissimi reclusi di un immaginario carcere minorile (ispirato al penitenziario di Nisida) e arrivata alla terza stagione, sta macinando numeri impressionanti: la prima puntata del nuovo ciclo, mercoledi scorso, ha attirato 1,3 milioni di spettatori con uno share del 7,2 per cento, eccezionale per la seconda rete pubblica. Presentata in anteprima il 1° febbraio su Raiplay insieme con le due precedenti stagioni ha totalizzato 54 milioni di visualizzazioni.
La serie ha poi spopolato anche Su Netflix dove sono approdate i primi due cicli.
LE RAGIONI
Come spiegare questo straordinario successo targato Rai (produce Picomedia)? «Mare Fuori è una serie calata nella contemporaneità, innovativa e provocatoria», risponde Maria Pia Ammirati, direttrice di RaiFiction. Nata da un’idea di Cristina Farina, sceneggiatrice con Maurizio Careddu, diretta da Ivan Silvestrini, Mare Fuori racconta in 6 serate le vicende di un gruppo di minorenni reclusi nel penitenziario giovanile, diretto da Carolina Crescentini, tra espiazione, disperazione, riscatto, vendetta, speranza, sentimenti. Pino ’o Pazzo, Tano o’ Pirucchio, Gianni Cardiotrap, Naditza, Kubra, Carmine e tutti gli altri sono “ragazzi interrotti” finiti dietro le sbarre per reati di varia entità, spesso gravissimi. Tra loro spicca Carmime Di Salvo a cui presta anima, corpo, rabbia e passioni Massimiliano Caiazzo, 26 anni, nato a Castellamare di Stabia, viso che buca lo schermo e testa lucidissima, alle spalle prestigiose scuole di recitazione e davanti a sé un futuro sempre più da protagonista. «Pur consapevoli di affrontare una materia inedita per la tv, non ci aspettavamo un successo di queste proporzioni», spiega. «A sorprenderci è soprattutto il gradimento trasversale: dai social scopriamo che piace agli spettatori di ogni età, dallo studente all’anziano, dalla casalinga al professionista. Forse perché utilizza un linguaggio universale: a tutti è capitato di sentirsi abbandonati o rifiutati, o finire vittime di violenze e soprusi. Il carcere è solo un pretesto per raccontare la vita».
Massimiliano sottolinea «la mancanza di punti di riferimento che accomuna molti ragazzi generando lacune e bisogni non riconosciuti: e il discorso vale sia per chi è cresciuto nei ghetti urbani, sia i figli degli aristocratici». Per interpretare la serie, l’attore si è scrupolosamente documentato su libri, film, inchieste. Ed è entrato nel vero carcere minorile di Nisida per leggere ai reclusi Romeo e Giulietta. «Si è rivelato un incontro tra due mondi diversi, quei ragazzi erano abituati a vedere solo i parenti...mi porto dietro il ricordo di un’esperienza di grande umanità che, senza filtri, lascia percepire l’idea del clima e delle dinamiche che esitono in quel luogo».
LA RABBIA
Uno dei sentimenti più forti che provano i protagonisti di Mare Fuori è la rabbia. «Nasce dall’esigenza di essere visti, riconosciuti e fa capo a un bisogno d’amore che, se inappagato, genera frustrazione». Il suo Carmine affronta però un percorso di cambiamento: «È cresciuto all’interno della guerra tra famiglie camorriste e ne ha subito la violenza. Da vittima si trasforma in carnefice ma durante la detenzione impara a perdonare e perdonarsi. E diventa adulto».
Perché fiction e serie guardano sempre più spesso ai ragazzi? «I teen ager sono i principali fruitori del genere», risponde l’attore, ora sul set della serie Uonderbois, «e cresce l’interesse degli autori per la generazione più giovane che usa strumenti di comunicazione nuovi. C’è la curiosità di conoscerli e scoprire come crescono».
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