Caro vita, più tardi in pensione e smart working: il manuale di "sopravvivenza" del lavoratore

Mercoledì 28 Febbraio 2024
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L'aumento dell'inflazione e dei costi di vita ha costretto numerosi italiani a rivedere le proprie abitudini, comprese quelle legate al contesto lavorativo. Circa il 72% dei lavoratori sta adottando strategie proattive per far fronte al rialzo dei prezzi, tuttavia, soltanto il 40% di questi dichiara di aver ottenuto un supporto concreto dalle proprie aziende, segnando un calo rispetto all'anno precedente, il 2022. Inoltre, solo un terzo degli intervistati ha registrato un incremento dello stipendio o la ricezione di bonus negli ultimi sei mesi. Infine, appena il 23% ha beneficiato di ulteriori aiuti per le famiglie, come servizi di assistenza per l'infanzia o permessi parentali.

Caro vita e inflazione, come cambia la vita dei lavoratori

Sono alcuni dati del WorkMonitor, l'indagine sulle trasformazioni del mercato del lavoro realizzata da Randstad in oltre 30 Paesi, che ha analizzato l'impatto dell'aumento del costo della vita sui lavoratori e l'evoluzione del lavoro agile negli ultimi mesi, intervistando 764 lavoratori in Italia tra i 18 e i 67 anni (circa 26.800 interviste svolte a livello globale). E così, per far fronte alle conseguenze del carovita i lavoratori hanno messo in atto diverse soluzioni: il 24% ha intenzione di aumentare (o ha già aumentato) le ore di lavoro, quasi il 20% sta valutando (o ha già cominciato) un secondo lavoro, il 14% sta pensando di posticipare il pensionamento. Ma c'è anche un altro 14% che ha incrementato lo smart working per ridurre i costi di spostamento.

Smart working riduce i costi per i lavoratori

A questo proposito, oggi il 20% degli italiani lavora prevalentemente da casa, il 31% non lo fa ma la riterrebbe la soluzione migliore. Per molti, la possibilità di scegliere o meno il lavoro agile non è più così scontata: il 38% afferma che la propria azienda non offra sufficiente flessibilità per lo smart working, e nel 34% dei casi i datori di lavoro richiedono la presenza in ufficio con maggiore costanza. Rispetto al 2022 cala la flessibilità in termini di orario di lavoro, dichiarata dal 26% degli intervistati (-1%) e in termini di ubicazione (23%, in diminuzione del 2%). «Il nostro osservatorio - afferma Valentina Sangiorgi, chief hr officer Randstad - ci conferma che oggi i lavoratori sono maggiormente consapevoli di ciò a cui ambiscono nella loro vita professionale e sempre più attenti alla ricerca di un'occupazione che sia per loro sostenibile, sia dal punto di vista economico che organizzativo Per questo, la nostra azienda si impegna a creare un dialogo costante con le proprie persone, cercando di sostenere le loro necessità come l'adozione di un approccio al lavoro flessibile e agile funzionale alla performance». Nonostante l'inflazione, i lavoratori italiani ritengono insufficienti le azioni intraprese dalle aziende per aiutarli a fronteggiare il carovita. Solo il 38%, infatti, dichiara un supporto in tal senso da parte del proprio datore di lavoro, una media inferiore rispetto a quella globale (-13%) e a quella europea (-7%). Negli ultimi sei mesi, solo il 33% degli intervistati ha percepito un aumento del pacchetto retributivo, che è rimasto invariato per poco meno del 60% e diminuito per l'8%. Anche le risorse per il sostegno alle famiglie non hanno subito modifiche, secondo circa il 70% degli intervistati. Solo il 23% ha beneficiato di un incremento. Tuttavia, in questo contesto l'Italia si dimostra al di sopra della media europea (+5%), mentre rimane al di sotto nel caso di quella globale (-2%). Il 28% degli italiani ha visto un aumento dei benefit, come assegnazione di ferie annuali e prestazioni sanitarie.

Impennata dei prezzi, caccia a un secondo lavoro

Due lavoratori su tre hanno adottato un comportamento proattivo per far fronte all'inflazione e all'impennata dei prezzi. Ai primi posti troviamo gli appartenenti alla Generazione Z (89%) e i Millennials (84%), seguiti da Gen-X e Boomers (73% e 61%). Il 24% degli intervistati ha preso in considerazione l'aumento delle ore di lavoro, anche in questo caso con prevalenza dei più giovani. Tra le soluzioni valutate dagli italiani c'è anche quella di intraprendere un secondo lavoro (18%), o di posticipare il pensionamento (14%). La possibilità di licenziarsi per trovare una posizione più remunerativa è considerata dal 13% dei lavoratori, in particolar modo dalla Gen-Z (26%) e dai Millennials (22%), mentre l'11% preferisce rimandare eventuali cambiamenti ad un momento più stabile. Nello scenario attuale, diversi intervistati manifestano preoccupazione per l'avanzamento della propria carriera: il 22% teme di non riuscire a crescere professionalmente e il 19% è preoccupato per la sicurezza del posto di lavoro. In un contesto caratterizzato dal generale aumento dei prezzi, anche lo smart working è stato oggetto di valutazione da parte degli italiani. Il 14% degli intervistati sfrutta maggiormente il lavoro da casa per evitare il costo degli spostamenti. Ma lavorare nella propria abitazione può significare farsi carico di un altro costo, quello dell'energia. Proprio per evitare questa spesa, il 10% degli italiani preferisce invece recarsi in ufficio

Aziende meno flessibili sul lavoro remoto

Se molti lavoratori possono scegliere di praticare o meno il lavoro agile, altri devono quasi completamente rinunciarci. Infatti, molte società hanno cambiato atteggiamento verso lo smart working: il 38% degli intervistati afferma che la propria azienda non offra sufficiente flessibilità per il lavoro da casa, il 34% che i datori di lavoro richiedono con più severità la presenza in ufficio. In un terzo dei casi, il 29%, le aziende si aspettano che i dipendenti lavorino in sede con frequenza maggiore rispetto a sei mesi fa. Rispetto al 2022 cala la flessibilità in termini di orario di lavoro, dichiarata dal 26% degli intervistati (-1%) e in termini di ubicazione (23%, in diminuzione del 2%). In generale, per gli italiani la flessibilità rimane un fattore fondamentale: lavorare prevalentemente in ufficio è la soluzione preferita, ma non 5 giorni su 5. Idealmente, lo farebbe solo il 29% degli intervistati, mentre il 41% opterebbe per un'equa alternanza tra lavoro da remoto e in presenza. Lavora prevalentemente da casa il 20% degli italiani, anche se il 31% la riterrebbe la soluzione migliore.
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