Evviva, gioca l’Italia. È sempre una festa – specie nelle ultime 37 partite, tutte utili – e anche oggi sarà una grande gioia: ché la Nazionale campione d’Europa si misurerà con la Spagna di Luis Enrique davanti ai 37 mila tifosi che affolleranno, e rallegreranno, e accenderanno lo stadio Giuseppe Meazza in San Siro.
LE SCELTE
Ammesso (e forse concesso) che Insigne e Chiesa abbiano la fondata certezza di ritrovarsi in campo dall’avvio del match, il dilemma di proporzioni ormai lievitate alla categoria di «shakespeariane» riguarda uno tra Berardi, Kean e Raspadori. Insomma. Mancini dovrà prendere una decisione tattica e, in qualche forma, pure strategica – riassumibile in otto parole e un punto interrogativo: gioco con o senza un centravanti di ruolo? Come detto, fino alla tarda serata di ieri, il piano di battaglia era inclinato verso la soluzione priva di centravanti, benché le quotazioni di Kean risultino tuttora in consistente rialzo nello scacchiere disegnato dallo staff tecnico azzurro. La notte, chissà, avrà regalato consigli. «Vedremo quale sarà la soluzione migliore», ha sussurrato il ct. In mezzo al campo, poi, Verratti e Locatelli si contenderanno una maglia fino all’ultimo palpito. Ma qua, davvero davvero, bisognerebbe ricorrere alla Pizia dell’oracolo di Delfi. Intanto, sul versante spagnolo, vale la pena di registrare che Luis Enrique, in assenza di Morata, consegnerà l’attacco a Sarabia, Oyarzabal e Ferran Torres – un trio maledettamente tecnico, assai giovane, piuttosto imprendibile.
Ed è evidente che Bonucci e Bastoni, tra l’altro in vantaggio su Chiellini per la titolarità, dovranno evitare di cadere in peccatucci di disattenzione o, peggio, in eccessi di confidenza, se vorranno garantire all’Italia un viaggio sereno verso la finale. Del resto non è inutile ricordare i miliardi di sofferenza spesi dagli azzurri proprio contro la Spagna nella semifinale degli Europei della scorsa estate. Era il 6 luglio: la Roja ci fece vedere a tratti l’aurora boreale sul prato di Wembley e francamente ci preoccupammo (pure parecchio) che fosse finita lì. Invece. Invece il rigore di Jorginho fu dolcissimo e poi, l’11 luglio, anzi il 12, tornammo a casa con una coppa per amica. E tornerà nella propria ex casa pure Gianluigi Donnarumma; anche se l’accoglienza, per così dire, non sarà propriamente elegante: «Donnarumma a Milano non sarai mai più il benvenuto. Uomo di m...», hanno scritto gli ultrà della curva Sud del Milan su uno striscione apparso non lontano dall’albergo dell’Italia. Si attendono fischi a valanghe. L’Italia dei campioni, però, merita una festa. Non facciamoci del male.
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