“Condividere le emozioni”. Con questo slogan fino all’altroieri Dazn esortava gli italiani ad abbonarsi, specificando che con un’unica sottoscrizione potevano guardare “due contenuti - uguali o differenti - allo stesso momento e su due dispositivi diversi”, e in questo modo la passione per lo sport avrebbe unito “stanze, città, regioni e diverse”.
Non c'è pace
Si fa fatica ad avere cifre ufficiali, anche su audience e numero di abbonati. Sempre Il Sole, una decina di giorni fa, aveva pubblicato i dati forniti dalla Lega a Sky e Tim-Dazn: 4,4 milioni di abbonati alla pay tv, 1,9 al gruppo streaming. Se queste cifre sono vere, si capisce il senso dell’operazione Dazn: recuperare abbonati, aumentare i ricavi, rientrare un po’ di più dell’enorme investimento fatto per assicurarsi 7 gare su 10 della Serie A in esclusiva. Comprensibile. L’obiettivo minimo fissato da chi ha deciso l’operazione “stop allo sdoppiamento” sarebbe di trecentomila nuovi abbonati, per circa un centinaio di milioni di euro. Tanti soldi, decisamente più importanti dei sentimenti provocati negli italiani, i quali - va ricordato - avevano appena finito di tribolare con ritardi e rotelle. I disservizi di questo primo scorcio di stagione, finiti, si dice, anche all’attenzione del governo, certamente sul tavolo dell’Antitrust, che ad un certo punto ha anche pensato di allargare la co-esclusiva con Sky a tutte le partite. Perché questa impresa di digitalizzare un Paese tecnologicamente arretrato attraverso il calcio, finora l’hanno pagata solo gli utenti, e non solo metaforicamente, perché costretti ad abbonarsi almeno a due piattaforme per vedere campionato e coppe. Che faranno ora? Da quando riceveranno la comunicazione ufficiale, tutti gli abbonati avranno 30 giorni di tempo per esercitare il diritto di recesso, senza alcun costo.
Irregolari
Poi, certo, c’è la questione della pirateria, della sacrosanta guerra al “pezzotto”, la ragione che Dazn adduce a sostegno della sua scelta. Lo “sdoppiamento”, in base ai dati in suo possesso, avrebbe generato circa un 20-25% di fruizioni irregolari in ogni partita, in molti casi rilanciate da siti specializzati che “facilitano” lo sdoppiamento in cambio, di fatto, del pagamento di un obolo. Un sistema che va scardinato, per evitare - sostiene Dazn, in questa battaglia a braccetto con la Lega di A - una ulteriore svalorizzazione del prodotto calcio. Il tempo dirà se effettivamente il fine giustifica i mezzi, intanto si sono sollevate le associazioni a tutela dei consumatori e qualche politico. Gli italiani arrabbiati, invece, sono qualcuno in più.
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