Andrea Maggi, il professore de Il Collegio, docu-reality di Rai 2, nella sua rubrica sul Gazzettino commenta l'elevata percentuale di voti alti all'esame finale del primo ciclo di istruzione nel meridione d'Italia, dove fioccano gli 8 e i 9. Ecco cosa ne pensa Maggi.
Secondo i dati diffusi dal ministero dell'Istruzione e del Merito, quest'anno nella scuola secondaria di primo grado il tasso di ammissione all'esame di terza media è stato del 98,6%, uno 0,1% in più rispetto all'anno scorso, e come l'anno scorso il 99,9% dei candidati ammessi ha superato l'esame.
L’incongruenza con i risultati delle prove Invalsi
Bene? Non saprei, perché se confrontiamo questi dati con quelli degli esiti delle prove Invalsi sostenute dagli stessi studenti lo scorso aprile, salta subito all'occhio che c'è qualcosa che non torna. Sì, perché regioni come Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna, nelle prove Invalsi hanno ottenuto una percentuale più alta, è vero, ma di studenti con risultati molto bassi. E proprio nel Mezzogiorno è risultato ancora evidente un forte divario socio-economico-culturale tra gli studenti.
Quindi chi viene da una famiglia agiata e frequenta certe scuole riceve una preparazione adeguata; gli altri, ancora oggi, li affidiamo alla Provvidenza. Tale divario è stato, se possibile, accentuato dagli effetti collaterali dei lockdown dovuti alla pandemia. Quest'anno, infatti, le prove Invalsi della scuola primaria hanno registrato un peggioramento dei risultati in tutte le discipline. E la mancata acquisizione delle competenze di base nella primaria renderà difficile, se non in certi casi impossibile, l'acquisizione delle competenze nella scuola secondaria di primo grado. Eppure i 9 e gli 8 al termine degli esami di terza media sono tantissimi.
«La scuola dell'obbligo deve colmare i divari»
Non notate anche voi una certa incongruenza? Anche perché, fra i tanti 6 in uscita dalla terza media, ci sono quelli di molti studenti che rientrano nel fenomeno chiamato "dispersione scolastica implicita". Sarebbero quelle ragazze e quei ragazzi che vivono un disagio scolastico e, pur continuando a frequentare la scuola, non riescono ad acquisire le competenze di base.
Quelli, in sostanza, che vengono spediti fuori dalla scuola dell'obbligo con un calcio nel sedere e con tanti auguri per il futuro. Insomma, quel 6 vale quanto un 4. Ma, allora, anche gli 8 valgono 6 e i 9 sono in realtà dei 7? A volte sì e a volte no; dipende da studente a studente.
Certo è che, per riconquistare credibilità, la scuola dell'obbligo deve riuscire a colmare i divari, non più abbassando l'asticella della sufficienza e gonfiando i voti, ma intervenendo concretamente per assicurare l'acquisizione delle competenze di base (leggere, scrivere, saper studiare e far di conto) a tutti gli studenti, di modo da consentire la frequenza degli studi superiori (e dell'università) anche a tutti quei giovani provenienti da contesti con svantaggio socio-economico-culturale, che altrimenti saranno condannati a vivere di espedienti.