Giorni, settimane di attesa, ripensamenti. Poi solo all’ultimo l’ordine impartito ai suoi: «Andiamo a Washington». Venerdì sera, Palazzo Chigi. Quando Giorgia Meloni fa sapere che domani mattina sarà nella rotonda del Capitol ad assistere al giuramento di Donald Trump, nessuno dei suoi collaboratori ha già fatto la valigia. È passato più di un mese dall’invito di Trump. Informale, all’ombra di Notre Dame, il primo faccia a faccia dal voto del 5 novembre. Il feeling c’è. Ed ecco il gesto: «Vieni, ci conto». Un biglietto offerto alla leader italiana una seconda volta nel vis-a-vis di Mar a Lago del 5 gennaio, durante la missione lampo di Meloni nella residenza di Trump in Florida per sbloccare il caso di Cecilia Sala. Ora il bis: ci sarà anche lei a varcare la porta del Campidoglio che quattro anni fa un manipolo di trumpiani ha provato a forzare con il benestare del loro leader. E lo farà insieme a una delegazione di Fratelli d’Italia. Andrea Di Giuseppe, eletto negli Usa, da anni tramite con l’uomo di Mar-a-Lago. Poi il fedelissimo europarlamentare Carlo Fidanza e Antonio Giordano, rispettivamente vicepresidente esecutivo e segretario generale dei Conservatori europei (Ecr). Saranno con loro i colleghi di partito Marion Marechal, l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki, l’alleato rumeno George Simion.