Alessandro Baricco racconta la malattia da Fazio: «Ho passato l'estate in ospedale e pensavo “uscirò mai da tutto questo?”»

Lunedì 29 Gennaio 2024, 07:22 - Ultimo aggiornamento: 14:20

La scelta

Sulla scelta di comunicare pubblicamente la malattia: “Era un po’ una cosa pratica: cominci a scomparire, ti arrivano inviti e la gente inizia a chiedersi come mai sei diventato così stronzo che non vai nemmeno al tuo liceo a parlare. E allora a un certo punto lo devi dire che non stai bene, che hai preso questa via e lo devono capire. Un tempo non c’erano i social e ora è un sistema per farlo. A me è accaduto due volte di farlo, ho dato un messaggio pubblico in delle curve fondamentali di questo mio cammino. Mi è sembrato molto pratico e molto utile, mi ha regalato una sensazione che non mi aspettavo, lo dico sinceramente, ho scoperto che c’è un sacco di gente che mi vuole bene. Ho girato anche il mondo, arrivano con i loro libri eccetera… Ma quell’ondata di affetto vero, di gente che mi doveva qualcosa o che aveva passato con me pezzi della sua vita, che aveva dato senso a delle nefandezza della sua vita per cose che avevo detto, scritto, commentato… persone a cui in quel momento veniva a mancare un maestro diciamo, con cui avevano un rapporto… poi io ho un’esperienza e un passato da persona piuttosto mal sopportata perché un po’ prepotente, un po’ arrogante, troppo di successo, avevo tutto, non ero abituato che il mondo mi volesse bene sinceramente, un ristretto mondo. Mi ricordo che ero già all’ospedale e in quelle 48ore mi accade che mi si riversa addosso sta roba… è stata un’esperienza per me molto forte. Dopodiché, questa cosa che le malattie dei VIP - diciamo così, mi auto-iscrivo in quella lista lì - oggi siano diventate una notizia prelibata, è una cosa che mi auguro di non aver creato anche io. Ognuno davanti a quei momenti della vita così difficili fa quel che cavolo gli pare. Però è scattato un giro un po’ virtuoso e vizioso per cui cominci a vederne uno poi si inanellano, te la raccontano nei dettagli… ecco quello, non perché sono torinese e sono molto riservato, ogni tanto temo generi un effetto paura, che scorri e vedi passare uno, due, tre, con queste malattie serissime. Non so se diamo il messaggio giusto, vorrei dire che la mia malattia, che io sappia, se la prende uno su centomila. State tranquilli tutti voi altri 99.999 che ci ho pensato io. Stiamo parlando di anomalie, non dobbiamo pensare che la malattia grave sia l’esperienza degli umani, non è così».

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