«I disturbi alimentari hanno tantissimi perché, io il mio lo sto ancora cercando» esordisce così Aurora Caporossi, 25 anni, da due Presidente di Animenta, associazione da lei fondata dopo l'anoressia nervosa che la colpì a 16 anni, che si occupa proprio di chi soffre di disturbi alimentari.
Camicia bianca e fiocco lilla in evidenza, parla sicura ma con tono grave. «È iniziato tutto con una dieta. Credevo che se avessi perso peso le cose sarebbero andate meglio. Il disturbo alimentare era per me, in quel momento, l'unico meccanismo di sopravvivenza per far fronte a un grande dolore che stava esplodendo dentro».
La scoperta della malattia
«Mi sono ammalata a 16 anni, tra i banchi di scuola.
La rinascita e l'associazione
«Una persona non guarisce quando riprende peso, quello è un passo in avanti ma non basta. Io ho attraversato diverse fasi e dopo il percorso di guarigione non volevo più sentirne parlare, quella storia era chiusa in un cassetto. Poi durante il Covid si è tornato a parlare di disturbi alimentari, ho iniziato a realizzare un blog e una pagina Instagram per raccontare sia la mia esperienza che quella di chi mi era stato affianco» Nasce così Animenta, associazione no-profit per creare una continuità nel percorso di guarigione di chi ha sofferto e soffre di disturbi alimentari. «Lo facciamo tramite gli eventi, tramite i laboratori di danzaterapia, con l'idea di raccontare che noi non siamo un prima e un dopo, ma che il disturbo alimentare è un capitolo della vita che riconosciamo e non rinneghiamo più».
«Oggi aiuto gli altri»
Animenta si propone come ponte tra i pazienti, i professionisti e le istituzioni. I dati ci dicono che solo in Italia sono oltre 3 milioni le persone che soffrono di disturbi dell'alimentazione e circa 3 mila le persone che ogni anno perdono la vita. I disturbi alimentari sono oggi l’espressione di un disagio che negli ultimi tempi ha visto abbassarsi l’età media, il suo esordio inizia già tra gli 8 e gli 11 anni.
«Dobbiamo abbattere gli stereotipi e lavorare sulla prevenzione. Purtroppo non possiamo salvare le persone, ma possiamo aprire una porta per fare in modo che la persona chieda aiuto».