Hacker russi e cyber-attacchi: allerta massima per la guerra dei malware

Giovedì 24 Marzo 2022 di Paolo Graldi

Cyber-attack. 
E’ certo e preoccupa: con questo termine dovremo fare i conti, guardarci da lui, temerlo quasi come una pandemia. 
E’ l’arma, neanche tanto segreta, di un nuovo tipo di crimine. 
Un fantasma senza corpo e senz’anima, un lampo invisibile capace di insinuarsi nei nostri sistemi e di prenderli in ostaggio e magari distruggerli o divulgarne i contenuti riservati. 

Nei mesi scorsi, in piena campagna vaccinale anti-virus la Regione Lazio ha subito un attacco al centro nevralgico che ha mandato in tilt, per giorni e giorni, la sofisticata organizzazione delle somministrazioni.

Dall’altro ieri Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana sono nel mirino di hacker del Gruppo Hive, di matrice russa con affiliazioni bulgare: hanno chiesto 5 milioni di dollari in Bitcoin per staccare la spina dell’attacco che ha disseminato disservizi sull’intera rete delle strade ferrate. 

Gli esperti non nascondono l’incombere di una concreta minaccia neanche tanto velata, anzi piuttosto esplicita: arriva da Mosca e riguarda l’ordine del Cremlino, di iniettare virus micidiali nella ragnatela informatica italiana. 
E’ una guerra informatica che si insinua nella guerra delle bombe e dei cannoni: un conflitto capace di causare danni irreparabili all’economia, alle banche, alla ricerca, alla farmaceutica, alla sicurezza sanitaria e allo stesso sistema di protezione militare nazionale. La ricaduta delle deflagrazioni impatta naturalmente fin dentro i nostri computer.

La guerra dei malware, dunque, incombe minacciosa e concreta. 
Esce  da una proverbiale e granitica riservatezza un personaggio del calibro di Franco Gabrielli, già capo della Protezione Civile, capo della Polizia e del Dis (servizi segreti) e ora sottosegretario con delega proprio a Aise ed Aisi. 

Bene, Gabrielli, ha rotto col suo mutismo: “E’ innegabile che ci sia un rumore di fondo che fa pensare a un’esplorazione continua delle rete”. Dunque: innalzamento al massimo della soglia di attenzione di chi gestisce i sistemi informativi. 

Molti dei quali sono “filtrati” da un anti-virus, ma guarda un po’, di fabbricazione russa. 
Acquistato a mani piene quel marchio andrà chiuso e respinto al produttore ma è un fatto che se i dati sono stati copiati il rischio di ricatti è altissimo. 

Il punto è, ammettono a sguardo basso gli esperti, che le difese ci sono ma sono deboli e uno scudo totale non esiste e non esisterà mai comunque noi arriviamo buoni ultimi in questa corsa alla difesa. 
In tempo di pace era bello, comodo, utile e dilettevole trastullarsi con le password, con il nome della moglie, la propria data di nascita, il luogo preferito per la vacanza. 

Così, nel tempo, facilitando il lavoro degli spioni informatici abbiamo nutrito i loro archivi e li abbiamo aiutati a trasformarli in polveriere cybernetiche. Si dovrà, si deve correre ai riparti. 
Ci si dovrà abituare, in tempi stretti e con la necessaria serietà, a indossare elmetti e giubbetti anti-virus come abbiamo fatto per i dispositivi di protezione per evitare d’incontrare il Covid-19. 
Cyber-crime e guerra possono diventare nemici tanto impalpabili quanto reali e distruttivi. 

Lo stanno osservando attraverso le prodezze di Anonymous, (la superbanda di hacker internazionali), la Banca Nazionale Russa e i segreti nei cassetti del Cremlino. Non c’è il rimbombo degli spari convenzionali ma si ode di lontano il tonfo delle reti e delle prime vittime.

Ultimo aggiornamento: 18:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA