Un filo di rabbia ragionata, una bella dose di disincanto, qualche cucchiaiata di sano malcontento: con questi ingredienti, purtroppo, ci ritroviamo a rimettere mano allo scandalo dei cinghiali in libertà. Dal Campidoglio è scesa l’idea per Villa Glori di rimuovere i cestini per la raccolta dei rifiuti, divenuti centri di ristorazione per i branchi di ungulati.
Un bimbo di due anni e mezzo, Giorgio, ha detto la stessa cosa: «Chiamiamo la polizia»: dal suo terrazzo vedeva 15 cinghiali che banchettavano intorno ai cassonetti stracolmi. La crisi dell’Ama, la raccolta quasi ferma, gli incendi dolosi alle discariche, hanno aggravato un fenomeno che ha dell’incredibile. Francamente inescusabile. E sul quale è come calata una resa da sfinimento civico. Incapacità basica. Non è proponibile per nessuna ragione che una sfilza di istituzioni dotate di esperti, di mezzi e di risorse non sia in grado, ormai da anni, di porre fine a un’invasione oltretutto assai pericolosa. Se la guerra ai cinghiali diventasse una unità di misura sull’efficienza degli enti preposti si osserverebbe un gigantesco esodo forzato di dirigenti. Tutti a casa gli incapaci. Qualcuno allora griderà «Evviva ai cinghiali».
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