L’obiettivo era conquistare le piazze di spaccio della Capitale, quelle rimaste vuote dopo la morte di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik - ucciso con un colpo di pistola al parco degli Acquedotti -, e dopo l’arresto del suo socio Fabrizio Fabietti. E per farlo, i nuovi signori della malavita romana non hanno esitato a lasciarsi alle spalle una scia di sangue indifferenti a quel principio di “ordine” che a Roma la mala ha sempre rispettato.
LE AMMISSIONI
Dopo che gli agenti gli hanno stretto le manette ai polsi, il cinquantenne non è rimasto in silenzio: quando il magistrato gli ha chiesto se fosse stato pagato per custodire in un appartamento in zona Pietralata - ora sotto sequestro - le armi avrebbe annuito. Ora si trova nel carcere di Rebibbia, in attesa dell’udienza di convalida. C’è chi sostiene sia una figura marginale all’interno delle nuove bande, un custode per l’appunto, residente nei lotti popolari di Pietralata che arrivava a fine mese anche grazie a quel “tesoretto” da custodire. L’uomo comunque avrebbe anche fornito informazioni sui proprietari dell’arsenale, confermando altre dichiarazioni importanti: quelle fatte qualche giorno prima da Daniele Viti, arrestato pochi giorni fa per l’omicidio di Andrea Fiore, ucciso nella notte tra domenica e lunedì in via dei Pisoni, al Quadraro. Viti è stato incastrato dal portafogli dimenticato a casa della vittima. Potrebbe avere fatto da esca: conosceva Fiore e lo avrebbe convinto ad aprire la porta. Ma non sarebbe stato lui a premere il grilletto. Adesso, per gli inquirenti, il killer ha un nome e un cognome. Sarebbe il proprietario delle armi trovate nell’appartamento a Pietralata che tuttavia resta da trovare.
Secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia c’è un filo rosso che collega i fatti di sangue avvenuti a Roma negli ultimi mesi: gambizzazioni, minacce, sequestri e, soprattutto, omicidi.
IL FILO ROSSO
Due in particolare: quello di Fiore, appunto, e quello di Luigi Finizio, freddato il 13 marzo scorso con quattro colpi di pistola in via degli Angeli (angolo via dei Ciceri), a meno di due chilometri da quella casa cantoniera dove Fiore viveva da alcuni anni. I due si conoscevano, erano amici. La sera del 13 marzo sarebbe stato proprio Fiore ad accompagnare i poliziotti a casa della vittima, dopo essere corso sul luogo del delitto (un distributore di benzina) appena saputa la notizia dell’omicidio. Una delle ipotesi di chi indaga è che possano avere commesso uno sgarro nei confronti dei nuovi signori droga, che puntano a dominare le piazze di spaccio della Capitale. Luigi Finizio, cugino del più noto Girolamo (imparentato con i Senese e accusato della gambizzazione del cognato di Roberto Spada) era un assuntore abituale di stupefacenti. Cocaina principalmente. All’interno del suo appartamento era stata trovata droga. E anche all’interno dell’abitazione di Viti: si parla di circa quattro chili di “bianca”. Incrociando le sue dichiarazioni con quelle di alcuni testimoni gli inquirenti sono arrivati a colpo sicuro nell’appartamento a Pietralata. Sapevano cosa avrebbero trovato dietro alla porta: dieci pistole, tra le quali una Glock 17, un fucile Whinchester con canna mozza, una mitragliatrice Scorpion, centinaia di munizioni. Armi clandestine, alcune anche con la matricola abrasa: potrebbero essere state sottratte durante furti e rapine. Adesso gli agenti stanno cercando l’uomo che avrebbe premuto il grilletto almeno contro Fiore.