Sofia è rimasta sola e non lo sa. Per ora è accudita, curata, coccolata, al sicuro. Non ricorda nulla, non sa che ha perso i genitori, Anton Kudrin e Svetlana Zapadynskaya, il fratellino Semyon e la sorella Polina, entrambi più piccoli di lei. Chiede continuamente di loro. Piccola e semiparalizzata. Un dramma nel dramma: perché i russi hanno sparato a tutta la famiglia, «mentre erano in macchina, avevano lasciato la loro casa vicino Kiev per rifugiarsi in un posto più sicuro, da amici, in un'altra città », ha raccontato la nonna. Ora è al San Raffaele, grazie all'interessamento della Onlus Pro Sma Amici per la pelle, in particolare di Carla Iannucci, che conosce da vicino la struttura romana, ha richiesto un ricovero urgente, organizzato il trasporto. La 13 enne ferita gravemente da 4 proiettili e operata a Kiev è arrivata in ambulanza dopo tre giorni di viaggio, quasi in stato di incoscienza, al suo fianco la nonna paterna, due infermieri, una dottoressa. Era avvolta solo dalle lenzuola, i capelli tagliati alla bell'e meglio per l'operazione. Le avevano estratto i proiettili, ma era rimasta semiparalizzata e aveva bisogno di una adeguata riabilitazione.
«Soprattutto doveva fuggire da lì», rimarca Iannucci. «Abbiamo monitorato il viaggio h24, finché non sono riusciti a varcare il confine con la Polonia».
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UN FIORE PER IL FIGLIO
Sofia cognitivamente sta bene, ma non ha sensibilità nelle braccia e in una delle due gambe, ha subito un danno a una vertebra. «È spaesata, faremo di tutto per portare via altri bambini», riprende Carla Iannucci. La nonna non la lascia mai, ripete nella sua lingua «grazie, grazie, non riesce a credere che è arrivata a Roma, ha il terrore negli occhi ma anche la determinazione di stare accanto alla nipote». Ieri si è assentata pochi minuti per portare un fiore nella Basilica di Santa Sofia, la chiesa ortodossa di Boccea mentre a Kiev si svolgevano i funerali del figlio. «La onlus Pro Sma ha chiesto al San Raffaele il ricovero urgente di Sofia nel reparto di Neuro Riabilitazione pediatrica - spiega la presidente dell'onlus Liliya Palashchuk Sobrin - poiché al suo interno è presente una équipe multidisciplinare, altamente qualificata, che potrà esserle d'aiuto».
Sui social, restano le immagini di una famiglia che era come tante e che non esiste più, falcidiata dalla guerra. Niente gite, niente giostre, niente tavolate con gli amici, selfie e abbracci di bimbi. Sì, ha ragione la nonna, sparano ai civili, sparano ai bambini.