Tutto il resto è ancora in alto mare. Solo due punti sono ormai acquisiti nella partita elettorale di Roma: in campo per ora ci sono soltanto Virginia Raggi e Carlo Calenda.
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Il leader di Azione ancora non ha dato l’annuncio ufficiale, lo darà dopo aver visto domani i sondaggi che ha commissionato - uno su lui in solitudine e uno su lui in alleanza con il Pd - ma intanto non fa che dire a chi gli parla che è pronto, prontissimo, e insomma ci siamo.
Fonti di Azione confermano che il dado è tratto: «Ci prepariamo ad andare avanti anche senza il Pd. Riteniamo che il Pd prenda tempo, anche attraverso le primarie, per provare fino alla fine a fare un’alleanza con i 5 stelle. Ed è inaccettabile tenere la questione Roma ostaggio dei giochini dei dem e dei grillini». Dunque, con una candidatura che spariglia e che cade come una bomba nei tatticismi del Nazareno, l’ex ministro dello Sviluppo economico diventa la variabile con cui fare i conti.
Ed è quella temuta al massimo grado da Zingaretti, perché rovina il percorso che il segretario del Pd aveva di fatto già deciso: il nostro candidato arriverà al ballottaggio e poi i voti della Raggi al primo turno giungeranno a noi, grazie al fatto che faremo scattare l’unità anti-fascista contro il pericolo della destra. Ora e sempre Resistenza, praticamente. E invece, no. Calenda non solo toglierà voti a sinistra, ma anche a destra - questo il disegno su cui ragiona l’ex ministro - e pescando un po’ ovunque, anche in quel mare magnum che l’altra volta mandò la Raggi al Campidoglio, può puntare al ballottaggio. A quel punto, gli elettori del Pd sosterranno lui o il candidato della destra? Dalle parti della Raggi sono convinti che Calenda in campo gli elettori di sinistra si spaventano e in prima battuta scelgono lei. Mandandola al secondo turno.
Il profilo che Calenda si vuole dare in questa gara è quello che gli appartiene: dell’uomo del fare, di uno che ha lavorato nelle aziende (la Ferrari per esempio) e che allo stesso tempo ha esperienza politica e di governo e Roma con un mix di questo tipo, che poi è quello che cerca anche il centrodestra (modello Bucci a Genova, o Brugnaro a Venezia), potrebbe darsi un futuro. Ieri gli è arrivato l’appoggio del radicale Riccardo Magi (ma in chiave Pd: «I dem non devono farsi scappare l’occasione Calenda»), dopo quelli di Italia Viva, di vari pezzi di sinistra ma anche di cittadini senza etichette, e l’obiettivo del leader di Azione è far saltare schemi, rompere abitudini elettorali, dare scosse e fare sviluppo. Velleità? Comunque tutti le temono, e assai. E c’è qualcuno, Renzi, che da più di un anno va dicendo: «Calenda sarebbe il miglior sindaco di Roma». Si attende l’endorsement di Matteo.
SCONTRO SULLE COMUNARIE
Raggi intanto cerca di tenere unite quantomeno le truppe stellate. In Campidoglio, 5 consiglieri della sua maggioranza si sono ormai sfilati e non escludono l’accordo col Pd (senza Virginia, ovviamente). A patto che «si ragioni sui temi». I dissidenti soprattutto spingono per le comunarie, le primarie online, per rimettere in gioco la corsa bis della sindaca. La quale vorrebbe evitare la conta tra i militanti: «Si sono già espressi su Rousseau ad agosto», dicono i fedelissimi di Virginia. La replica: «Ma nel quesito non c’era il nome di Raggi, il tema era generale. E hanno votato gli attivisti di tutta Italia, mica solo di Roma».
Se comunarie saranno, Raggi sa che avrà bisogno di tutti i clic della base per strappare la riconferma. Anche perché i dissidenti di sicuro presenteranno un candidato alternativo che potrebbe insidiarla. I 5 ribelli, nel 2016, avevano aggregato migliaia di preferenze. Ecco perché ieri Raggi ha convocato gli attivisti via Zoom. Pochi si sono connessi: 542 su migliaia di iscritti. «Dobbiamo restare uniti - ha detto Raggi - niente polemiche. Facciamo ragionamenti, poi però serve sintesi. Dobbiamo ascoltare di più i territori e valorizzare gli attivisti, forse si sono sentiti scollati», ha ammesso la sindaca. Sulle difficoltà del M5S nazionale, Raggi sceglie una posizione mediana: «Non possiamo perdere i nostri principi, ma il mondo cambia». Alla riunione sono stati invitati alcuni “big” stellati come Paola Taverna e Di Battista. Che ha confermato l’endorsement per Virginia: «La sostengo, la sua candidatura non è negoziabile. Può rivincere. Il futuro del Movimento deve essere autonomo da destra e sinistra».