Roma, «Più poteri per la Capitale». Cresce l'idea del referendum

Lunedì 28 Settembre 2020 di Mario Ajello
Roma, «Più poteri per la Capitale». Cresce l'idea del referendum
Un referendum popolare, per chiedere più poteri per Roma e per dare alla Capitale il rango che si merita, è una extrema ratio. Su cui un po' tutti, da destra a sinistra, dopo la proposta lanciata dal dem Roberto Morassut sulle pagine del Messaggero, s'interrogano. E nessuno la esclude a priori. Perché è uno strumento giusto per smuovere le acque sulla Capitale. Che sennò, nell'inerzia del Campidoglio, nel disinteresse del governo, continua a restare fiori dall'agenda politica nazionale, quando viceversa deve esserne la copertina, la premessa e la conclusione. Visto che le elezioni comunali sono alle porte, nel 2021.





Insomma, si può fare un referendum - lo statuto di Roma Capitale prevede il ricorso alla consultazione popolare per certe materie - per chiedere ai cittadini di esprimersi sui modi per dare forza alla loro città? Ossia si può consultarli su una questione che li riguarda da vicino e che il Palazzo cerca di non vedere, imprigionato dall'ipoteca Raggi con Conte che non si muove per paura della sindaca e dei 5 stelle?

Riccardo Magi è presidente dell'Osservatorio su Roma che raccoglie in maniera trasversale 40 parlamentari - ci sono Morassut, Gasparri, Rampelli, Fassina e tanti altri - e non nasconde le difficoltà per una consultazione di questo tipo. Su una materia in cui non solo il Comune è coinvolto ma anche la Regione e il Governo. «La via maestra - dice Magi - sarebbe quella di aprire una fase costituente. Di sicuro però una mobilitazione dei cittadini, qualche forma di attivazione dei romani di ogni colore politico va trovata. Per far capire a tutte le classi dirigenti nazionali che sul futuro di Roma non si può più cincischiare. Altrimenti, chiunque vince le prossime elezioni e andrà al Campidoglio non potrà, in assenza di poteri adeguati, governare». Di referendum popolari, Roma ne ha avuti, basti pensare a quello sul trasporto pubblico urbano, che proprio i Radicali di Magi hanno promosso. Ma questo sarebbe tutta un'altra cosa.

Dal versante della destra, ecco Fabio Rampelli, big di Fratelli d'Italia, impegnatissimo da sempre su Roma: «Lo Stato è come se avesse litigato con Roma, la disconosce. E nessuno si prende la responsabilità di ricucire questo strappo. Ben venga allora la voce dei romani. I cittadini che si mobilitano direttamente per difendere la Capitale che non è difesa dallo Stato che essa rappresenta sarebbe la riprova di un problema grave. Ricordo soltanto che, per i 100 anni di Roma Capitale, curò un libro dedicato a questo grande passaggio storico il Capo dello Stato, Giuseppe Saragat. Lo fece distribuire nelle scuole. E ora, per i 150 anni? Niente».
 

Gli altri Paesi


E questo è lo Stato che, anche in termini di fondi, non guarda Roma, e ha definanziato da decenni la legge su Roma Capitale (mai attuata), «mentre la Francia - incalza Rampelli - a Parigi dà 22 miliardi, l'Inghilterra 40, per non dire di Berlino che grazie al sostegno del governo è stata rifatta tutta». Da sinistra, Stefano Fassina. «Referendum? Noi stiamo anche pensando a una consultazione popolare per l'elezione diretta del sindaco della città metropolitana, facendo diventare i municipi di Roma veri e propri comuni». Ecco, intervenire, proporre, smuovere, gettare a più non posso sassi nella palude: di questo Roma ha assoluto bisogno. Antonio Tajani la mette giù così: «Io sono d'accordo a raccogliere le firme dei romani per il referendum sui poteri. Benissimo. Ma intanto basterebbero tre firme, quella della Raggi, di Zingaretti e di Conte, per attuare la legge Berlusconi del 2009 su Roma Capitale. Perché non si sbrigano?».
 
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