Interventi chirurgici sospesi e indice di occupazione della rete ospedaliera sopra l’80%: è ancora critica la situazione negli ospedali romani travolti dalla terza ondata della pandemia di Covid.
Un documento inviato a tutte le strutture sanitarie della Capitale impegnate nella gestione dei pazienti Covid, in cui viene specificato che il valore dell’Rt (indice di contagio) è sceso a 0,81. Ma l’indice di occupazione dei pazienti ricoverati in terapia intensiva ha toccato - nell’ultima settimana - l’ 85.3%. Dunque: «I dati settimanali indicano di attuare la fase di mantenimento per lo scenario di rischio 4» come già indicato il 12 marzo. Quando reparti e padiglioni sono stati riconvertiti per garantire i ricoveri ai contagiati. Con la flessione dei nuovi positivi era stato subito richiesto un aumento dei posti letto per un totale di 3mila per gli ordinari e 400 per le terapie intensive. Due settimane dopo, era arrivato un ulteriore incremento nella rete ospedaliera pari al 10% in più.
Intanto nella nuova circolare si ordina anche la «sospensione delle attività in elezione, a eccezione degli interventi collegati all’assistenza oncologica».
Perciò sono sospesi gli interventi chirurgici che possono però essere “trasferiti” nelle strutture private e accreditate. Ma con i reparti “occupati” dai contagiati e le sale operatorie ferme, sono proprio i pazienti no Covid la nuova emergenza.
Un allarme già scattato negli scorsi mesi. A lanciarlo sono stati proprio i medici. E sono, ancora una volta i numeri a preoccupare. Secondo l’ultimo aggiornamento relativo alle patologie cardiache, 4 malati su 10 trascurano i sintomi non andando in ospedale.
GLI ACCESSI ORDINARI
«La percentuale dei pazienti con patologie cardiache che trascurano controlli o sintomi è sempre più significativa. Con gli ospedali impegnati con l’emergenza del Coronavirus, questi pazienti sono finiti in fondo alla lista delle priorità ed è un segnale molto serio» commenta Giuseppe Pajes, cardiologo e presidente dell’associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco).
La soluzione? «Al momento - risponde Pajes - non abbiamo alternativa. Dobbiamo iniziare a valutare l’ipotesi di organizzare ospedali da dedicare solo ai malati Covid e allo stesso tempo, strutture per i pazienti non contagiati dove possono essere controllati, visitati e dove poter ricominciare le attività ospedaliere ordinarie. Non c’è un’altra strada».
Ma insieme ai pazienti con patologie cardiache ci sono anche i malati cronici, i diabetici: «Gli ospedali ora hanno la capacità di far fronte alle altre emergenze» conferma Antonio Magi, presidente dell’ordine dei Medici che aggiunge: «Ci preoccupa quanto questo possa incidere sulla qualità della vita».
Anche in questo caso, sono i numeri a raccontare: nel 2020 i decessi nel Lazio sono stati 63.944 contro i 58.928 del 2019. «La differenza e l’aumento dei decessi registrati - spiega il presidente Magi - non sono dovuti solo a chi è stato stroncato dal virus. Ma anche a quei malati che con gli ospedali pieni, hanno rimandato controlli o sottovalutato sintomi».
Da quanto registrato, i decessi “no Covid” sono stati infatti 1.798: «Il nostro obiettivo- dice Magi - è cercare un’alternativa e studiare un piano sanitario che nei prossimi mesi possa far fronte a questa nuova emergenza.
La rete ospedaliera -conclude - è in sofferenza, a fasi alterne da un anno».
LA GIORNATA
Infine i dati sulla rete ospedaliera secondo l’ultimo bollettino regionale: ieri dei 5.310 posti previsti, 3.375 erano occupati.
Resta alto anche il numero dei nuovi positivi, sono stati 1.230 (+ 66 rispetto a lunedì) e 49 i decessi. A Roma invece: 584, contro i 696 del giorno precedente. Aumentano però anche i tamponi che sono stati 18 mila in tutta la regione (+ 4.600 in più in un giorno) e oltre 20 mila antigenici per un totale di circa 39 mila test: Il rapporto tra positivi e tamponi è a 6%, ma se consideriamo anche gli antigenici la percentuale è al 3%» ha commentato l’assessore alla sanità laziale Alessio D’Amato.