Sotto il camice, la divisa. Doppia responsabilità per Antonio Montini, 55 anni, romano e ufficiale medico dell'Aeronautica militare che lavora presso il Celio, il policlinico militare che dipende dal comando logistico dell'Esercito, dove ci sarà anche un centro Covid grazie all'accordo tra il ministro Lorenzo Guerini (Difesa) e il ministro Roberto Speranza (Salute). E qui sono anche stati sequenziati per la prima volta insieme all'Iss gli interi genomi del virus SarS-Cov-2 isolati dal paziente cinese e dal paziente uno di Codogno.
Per Montini, laureato nel 1995 in Medicina interna, che è stato in missione all'estero sei volte, in Afghanistan (è stato direttore dell'ospedale di Herat), la metafora con la guerra è pertinente, ma solo parzialmente. «Questa è una esperienza che segna, come in Afghanistan non hai orari, devi abbandonare affetti e famiglia», dice il colonnello. «Abbiamo iniziato ad accogliere i civili fin da subito, attualmente abbiamo 44 pazienti», racconta a fine turno di una giornata sfiancante come le altre. La Sanità militare è in campo dal primo momento, i medici delle forze armate sono stati inviati in Lombardia quando la regione è andata subito in sofferenza. Molti colleghi di Montini sono ancora a Piacenza. Al Celio sono passati tanti pazienti: «Anche un collega, è venuto con la figlia di 9 anni, erano entrambi positivi, sono stati ricoverati insieme, poi mi ricordo una signora con il figlio, entrambi positivi: il marito era lontano, in Afghanistan. Li abbiamo fatti parlare in videochiamata». Non ci sono precedenti di una situazione così. È molti simile a un terremoto, «ma è anche peggiore», racconta il colonnello Montini.
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IL LATO UMANO
Un lavoro immane, tra farmaci e logistica, i turni a nastro di 24 ore. «Siamo in camice bianco con i cartellini di riconoscimento.