Corteo a Roma contro la violenza sulle donne, al Circo Massimo sfila l’autocritica dei maschi: «Siamo noi i primi colpevoli»

Salvatore Spampinato, 62 anni dice: «La cultura e la formazione patriarcale ha inciso tantissimo, non è uguale in tutto il Paese, ci sono Regioni dove al patriarcato subentra il matriarcato ci vorranno anni prima di vedere davvero cambiare le cose»

Domenica 26 Novembre 2023 di Camilla Mozzetti
Corteo a Roma contro la violenza sulle donne, al Circo Massimo sfila l’autocritica dei maschi: «Siamo noi i primi colpevoli»

«La morte di Giulia Cecchettin è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Siamo esausti perché non è giusto che nel 2023 ci siano ancora questi fatti assurdi. Il problema è che non siamo più abituati al fallimento, la società ci spinge a correre, a essere sempre i migliori e anche i genitori di oggi, le famiglie, vanno da un’altra parte: io sono nato nel 1986 mio padre mi ha instillato fin dentro al midollo i valori, il concetto di responsabilità, il non ferire, il rispettare e vedo che oggi andiamo nell’esatto opposto». Francesco Formichetti ha 37 anni e al Circo Massimo è arrivato stringendo fra le mani un manifesto: “La responsabilità - recita - non è delle donne”. Lui come molti altri uomini, adolescenti in erba e adulti navigati, erano lì in questa manifestazione che ha stravolto il volto della Capitale perché erano anni che per le strade della città non si vedeva una partecipazione così alta. All’incirca 500 mila, tanti erano quelli che ieri si trovavano a gridare “basta con i femminicidi, basta con la violenza sulle donne”. E in quell’oceano un posto era anche per loro.

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Per gli uomini appunto, per quelli che riconoscono lo sbaglio e dicono fin da subito «Siamo colpevoli». Per gli uomini che scendono in piazza e si indignano di appartenere a un genere che fa carne da macello di una moglie, una compagna, una fidanzata «solo per essere stati rifiutati, solo per non essere più amati, solo per l’invidia di sentirsi inferiori, non adatti, non capaci. Solo per quella cultura che ragiona per capacità di forza». Salvatore Spampinato, 62 anni dice: «La cultura e la formazione patriarcale ha inciso tantissimo, non è uguale in tutto il Paese, ci sono Regioni dove al patriarcato subentra il matriarcato ci vorranno anni prima di vedere davvero cambiare le cose».

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L’INVIDIA

«Non riusciamo a gioire dei successi delle nostre compagne - aggiunge Mattia, appena 16 anni arrivato da Perugia - perché spinti solo dal voglia di primeggiare, dal far vedere di essere migliori». Ci sono i padri di figlie ancora piccole e di piccole donne: «Sono separato, mia figlia cinque anni fa stava venendo da me per uscire e a pochi metri da casa fu presa alle spalle da un uomo molto più grande che le disse “Era da tempo che ti volevo conoscere”, lei è riuscita a scappare piangendo, suonò al citofono e dal modo con cui lo fece, capii che era successo qualcosa. Immaginate cosa può significare per un padre», racconta Manuel Felisi, 47 anni, a Roma da Milano. «Noi genitori abbiamo una responsabilità molto forte nell’insegnare, nel guidare i nostri figli, e parte da noi far capire il rispetto, l’eguaglianza», dice poi Davide Favargiotti, 44 anni con la figlioletta sulle spalle. Ed ecco che il nastro si riavvolge e torna all’inizio: alle famiglie, all’educazione «I genitori oggi non sono più “normativi” e questa è una cosa fondamentale - incalza Roberto Fioretti, 75 anni, insegnante in pensione - bisogna tornare a dire “no” a insegnarlo». E bisogna farlo anche a scuola, nelle classi, dove al fianco di un ritorno all’educazione affettiva e sessuale, attraverso il piano da poco annunciato dal ministero dell’Istruzione, sono gli stessi ragazzi a chiedere di più: «Manca molto questo aspetto nei nostri percorsi - spiega Sebastiano, studente 17enne di un liceo romano - credo sarebbe fondamentale mettere questi temi all’interno delle materie scolastiche, rendere l’educazione all’affettività e alla sessualità obbligatorie nel nostro percorso».

Fra questi uomini che si mescolano alle donne e a tanti volti dello spettacolo che scendono in piazza - da Noemi a Fiorella Mannoia, da Luca Zingaretti a Ferzan Ozpetec, da Paola Cortellesi (reduce dal successo del suo primo film da regista “C’è ancora domani”) ad Antonio Bannò - c’è anche chi puntualizza: «È facile in un certo senso essere qui oggi, ma ci vuole impegno e studio per capire la situazione perché uno crede di averla compresa e di poter parlare a nome di altri o di esserne addirittura tagliato fuori perché sostiene “la violenza sulle donne non mi riguarda” nel senso che non mi coinvolge e invece no, riguarda l’impianto stesso della società», analizza Claudio Molinari, 27 anni. Gli domandiamo se si è mai trovato a prevaricare anche se non deliberatamente e lui risponde: «Assolutamente sì, non solo su donne ma anche su altri uomini. Se andiamo a guardare in fondo dentro di noi, in tanti e dico anche in tante, ci troviamo per le spinte che la società ci dà, sia nel lavoro che nella vita privata, a imporci o a prevaricare su qualcuno solo per riconoscersi o anche per paura di essere prevaricato. La gelosia spesso è questo». 

Ultimo aggiornamento: 17:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA