Casamonica, il parroco: lo rifarei, ecco come si sono svolti i funerali

Venerdì 21 Agosto 2015 di Alessandro Tittozzi
Don Giancarlo Manieri

Don Giancarlo Manieri si affida al web per uscire dalle polemiche scatenate dal funerale di Vittorio Casamonica, celebratosi ieri nella sua Parrocchia. E conferma in toto le sue scelte e il suo modo di agire: «Credo di aver fatto solo il mio dovere.

Sono un prete, non un poliziotto e nemmeno un giudice. Se una persona viene da me chiedendo di confessarsi, lo confesso; se un’altra si accosta alla comunione gli porgo l’ostia, non gli chiedo la fedina penale, se un signore mi chiede di celebrare il funerale di un suo congiunto lo celebro; non è scritto da nessuna parte che debba indagare chi è, tanto più che l’addetto di sagrestia, compilando il foglio per il funerale, sotto dettatura della persona venuta a prenotarlo, alla voce ‘notizie’ che si desidera tenere presenti nella celebrazione eucaristica ha scritto: praticante cattolico».

Il Parroco getta anche acqua sul fuoco in merito a presunte mega offerte fatta dalla famiglia del defunto alla Parrocchia: «Tanto per rispondere a certe insinuazioni sui soldi. ‘Quanto devo?’. ‘Può fare un’offerta, se vuole’. L’offerta è stata di € 50,00 (cinquanta non cinquemila)».

Anche sullo svolgimento della funzione qualcuno ha parlato di un clima esagitato e scalmanato all’interno della Chiesa, ma anche in questo caso Don Giancarlo Manieri ha riportato tutto alla normalità: «Molti colleghi giornalisti hanno insistito per sapere quello che è successo in chiesa. Nulla è successo. Quando sono arrivati con circa tre quarti d’ora di ritardo sull’orario, e solo allora ho saputo della carrozza con relativo contorno e anche dell’identità del defunto, sono entrati in chiesa. Un po’ di confusione c’è stata, come sempre, ma esortati a prendere posto (erano circa quattro o cinquecento persone) hanno immediatamente obbedito, in perfetto ordine e silenzio. Hanno seguito la cerimonia, alcuni si sono confessati, molti hanno fatto la comunione e molti hanno risposto alle preghiere della messa, ben più numerosi di altri in altre consimili occasioni».

Nessuna particolare richiesta, invece, sulla predica: «Predica… Avevo sottomano, come sempre, qualche semplice appunto. Nei sette o otto minuti di omelia ho ribadito il concetto che la morte è la compagna inseparabile di tutta la nostra esistenza: addii e malattie, dolori e delusioni, distacchi forzati, rovesci affettivi, improvvise tragedie ne sono i segni premonitori. La morte tuttavia resta per l’uomo un mistero profondo, un mistero che perfino i non credenti circondano di rispetto. Ebbene, essere cristiani cambia qualcosa nel modo di considerare la morte e affrontarla? Sì, certo! Poiché per il cristiano la morte è, secondo l’espressione diventata famosa di san Francesco di Assisi, ‘sorella’, sorella morte: non è cioè il risultato di un gioco tragico e ineluttabile da affrontare con freddezza, e nemmeno con disperazione. La morte del cristiano è nel solco della morte di Cristo… L’icona è questa: un Padre/Dio che al di là della soglia ci attende con le braccia spalancate nel gesto dell’accoglienza. In definitiva per il cristiano la morte è una vittoria vestita da sconfitta».

E sulla richiesta di bloccare il funerale il Parroco si affida a Papa Francesco: “Molti mi hanno rimproverato di non aver bloccato il funerale a un boss che ne ha combinate più che Bertoldo. Ma se era così fuori norma, perché mai era a piede libero? Hanno aspettato la sua morte sperando che lo… ‘arrestasse’ il parroco? Mio dovere è distribuire misericordia, m’insegna Papa Francesco. Ed è quello faccio”.

Dulcis in fundo Don Giancarlo affronta anche la polemica sul paragone Welby-Casamonica e in questo caso tira in ballo le decisioni arrivate dall’alto: «Quanto al paragone con Welby non è non congruo. In quel caso è intervenuto il Vicario del Papa, assumendosene la responsabilità e ordinando al parroco di non celebrare il funerale. Welby, se non vado errato, era non più considerato cattolico. A me nessuno ha detto nulla. Pregare per un morto, chiunque esso sia, non è proibito. Anche per Welby, del resto, i salesiani hanno pregato e molto e la chiesa è rimasta aperta tutto il giorno».

Ma il post del Parroco sembra voler placare le proteste esplose sui social. In molti chiedono che si ritiri. Emblematica l'invettiva di Simone: «Caro 'don' Giancarlo non sei stato il primo e non sarai purtroppo l'ultimo, ma prova a dimetterti che sei ancora in tempo per fare una figura meno barbina. La Chiesa dove sono cresciuto - prosegue - e che ha accolto migliaia di bambini per educarli e che è intitolata a un grande della storia di questo Paese, ora sommerso dalle mafie, si vergogna di averti come parroco». E tra insulti pesanti e richieste di dimissioni, colpisce il post di Pio: «Salve, sono un sacerdote anche io e il suo atteggiamento da parroco mi ha fatto veramente schifo. La cosa che più mi addolora - aggiunge Pio - è sapere che c'è tanta gente onesta e sincera che per colpa di atteggiamenti di molti sacerdoti perde la fede, questo è grave. Si dimetta e si penta di ciò che ha fatto», conclude l'utente.

Ultimo aggiornamento: 17:35