Acilia, la fuga di gas nell'abitazione di una famiglia di immigrati

Giovedì 29 Dicembre 2016 di Mirko Polisano
Acilia, la fuga di gas nell'abitazione di una famiglia di immigrati
«Quanto ci mettono a tirarle fuori da lì sotto?». Massimo Ramacci non si dà pace mentre i soccorritori scavano tra le macerie per recuperare sua moglie Debora e sua figlia Aurora, di soli 8 anni. Alle 13.57, l'esplosione della palazzina a tre piani in via Giacomo Della Marca, quartiere Dragoncello a metà strada tra Ostia e Acilia. Un boato che ha distrutto le stanze e gli arredi. Nessun odore di gas, nei minuti che hanno preceduto il crollo. Una circostanza, questa, che ha indirizzato subito carabinieri e vigili del fuoco che tutto possa essere partito da una perdita di metano dalla vicina casa, abitata da una famiglia originaria dello Sri Lanka al primo piano, sotto quello in cui sono rimaste sepolte madre e figlia. Stando a quanto è finora in mano agli inquirenti, la deflagrazione di gas è stata innescata dalla scintilla di un frigorifero. Sulle cause, il pm Mario Palazzi ha aperto un'inchiesta. L'accusa è di disastro colposo e a risponderne nelle prossime ore potrebbe essere proprio l'affittuario cingalese. La famiglia, però, al momento dell'esplosione non era in casa, anche se in un primo momento era stata data per dispersa: i tre - due donne e una bambina - hanno chiesto assistenza alloggiativa e sono stati sistemati nel residence Parco Salario. Sono stati tutti rintracciati dai carabinieri soltanto in serata ed è stata accompagnata in caserma per le deposizioni.

LE VERIFICHE
L'Italgas, però, non avrebbe rilevato situazioni anomale nel tratto di condotta che va dall'appartamento al contatore. Questo non esclude che in casa ci fossero delle bombole a gas, altra ipotesi al vaglio degli inquirenti. Sembrerebbe che gli inquilini utilizzassero le bombole per cucinare a causa del distaccamento della fornitura. Nell'altro appartamento a piano terra era ospitato uno studio dentistico con altre bombole, pare di ossigeno. Dalle prime verifiche, sembrerebbe che gli impianti all'interno del laboratorio odontotecnico fossero integri. «Le attrezzature utilizzate per i pazienti sono a norma afferma Maurizio Catinari, fratello della titolare- mia sorella è sotto shoc e sotto le macerie c'è finita nostra cugina. Siamo distrutti». Lo scoppio comunque è stato fortissimo, udito a centinaia di metri, anche dagli automobilisti che percorrevano la vicina Cristoforo Colombo. La palazzina crollata si trova a poche centinaia di metri da un plesso della scuola Giovanni Paolo II, già evacuato per un abbassamento del terreno, e da via Camillo da Albino, chiusa anche questa per un importante cedimento dell'asfalto. La procura di Roma ha voluto acquisire anche tutto l'incartamento dello stabile, consegnato dal vicecomandante della polizia municipale Antonio Di Maggio al magistrato. Il pm Mario Palazzi, titolare degli accertamenti, ha disposto una consulenza tecnica per fare luce sulle cause dell'esplosione. Domani il magistrato, che ieri ha effettuato un primo sopralluogo nella zona del crollo, affiderà l'incarico a due ingegneri.

CANI MOLECOLARI
Dai primi rilievi, infatti, non è stato possibile stabilire con certezza le cause dello scoppio, in particolare se sia avvenuto per una fuga di gas metano o di gpl. Sul luogo dell'esplosione sono intervenuti i vigili del fuoco con quattro squadre e alcuni mezzi speciali per rimuovere le macerie. In azione anche cani molecolare addestrati alla ricerca di persone intrappolate sotto i detriti. I pompieri e gli uomini della protezione civile hanno lavorato tra mille cautele per scongiurare il rischio di ulteriori crolli. Il pianterreno di una delle due palazzine, infatti, sarebbe rimasto parzialmente integro. Neanche il fiuto dei labrador dell'unità cinofila è riuscito a localizzarle in breve tempo. Un'indicazione che forse ha fuorviato i soccorritori che hanno spostato gli escavatori a qualche metro di distanza. Per madre e figlia non c'è stato nulla da fare, dopo sette ore di ricerche e scavi tra le macerie i loro corpi sono stati recuperati privi di vita.

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