C'era una "Misci" che l'11 novembre dello scorso anno condivideva sui social il dolore per la scomparsa della nonna. Una foto di lei bambina accanto a «quella seconda madre» che spegneva le candeline di un ultimo compleanno. «Addio vita mia, ti amerò per sempre». E c'era una "Misci" che qualche mese più tardi, con gli occhi appena truccati, ritmava la musica di Sfera Ebbasta nell'androne del palazzo dov'era cresciuta. L'unico dettaglio comune tra queste due "realtà", vagamente antitetiche a primo acchito, era lo sguardo. Quello difficilmente riesce a dissimulare la reale natura delle persone, pure di quelle acerbe. Nella prima "storia" non c'era ancora la musica "trap" a scandire la quotidianità di Michelle Maria Causo, 17 anni, uccisa a coltellate da un suo coetaneo. C'era la fragilità di una ragazzina che, con dolcezza, aveva condiviso il suo dolore.
Pubblicamente. Perché questo fanno gli adolescenti con i social. Che sia gioia o tristezza c'è quasi la necessità di condividere quel sentimento. Ma tra le due "storie" c'è una narrazione diversa, che si rincorre a distanza di pochi mesi e si ha l'impressione che la seconda sia stata indotta dalle circostanze esterne. Perché "Misci" per quanto si sforzasse, e i reel su TikTok lo dimostrano, era lontana da quel mondo che nella musica "trap" trova la sua sintesi e la sua massima espressione. Pure con le amiche in storie quotidiane di mera apparenza era sempre un passo indietro. Quasi come se quel "dover esserci" a quel modo fosse necessario per non scomparire nell'ombra. In una zona di "chiaro-scuro" dove pure la 17enne pare si fosse comunque incuneata. Dal Liceo psicopedagogico che frequentava da tre anni, con risultati soddisfacenti anche se non brillanti, pongono l'accento sugli ultimi mesi, sulle assenze (molte) che si erano succedute, con alcuni debiti formativi da colmare a settembre e su quella presenza che più di un docente aveva visto e nella quale aveva ravvisato un potenziale pericolo.
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