I racconti dal fronte di Kiev di un reporter sabino

Giovedì 17 Marzo 2022 di Raffaella Di Claudio
I racconti dal fronte di Kiev di un reporter sabino

RIETI - Quando risponde ha da poco chiuso un collegamento tv e attende di essere contattato per la prossima diretta. Sono le 23.17 del 15 marzo a Kiev, un’ora prima in Italia. Per Ilario Piagnerelli, inviato di guerra della Rai, la giornata lavorativa è ancora lontana dal concludersi. Trentanove anni, è nato e cresciuto a Forano e, per esattezza, nella frazione di Gavignano, dove vivono i suoi genitori Silverio e Ivana, entrambi insegnanti in pensione.

E qui, dove Ilario torna, tra una missione giornalistica e l’altra, i suoi concittadini, sindaco Marco Cortella e vice Gianluca Farina in testa, attendono ogni suo aggiornamento sul conflitto in Ucraina.

Il giornalista, dal 2013 nella redazione Esteri di Rainews e una lunga esperienza nei teatri di guerra, condivide con Il Messaggero cosa sta accadendo nella Capitale ucraina.
 

Apprendiamo di bombardamenti su Kiev e dell’istituzione del coprifuoco: com’è la situazione?

«La guerra è entrata a Kiev. I russi non riescono ancora a sfondare le linee degli ucraini nelle periferie assediate, ma colpiscono dal cielo. Mi muovo tra continui boati che scandiscono la giornata, a volte lontani, a volte forti e vicinissimi. Negli ultimi giorni sono stati colpiti palazzi residenziali in zone semi-centrali. Quando arrivo sul posto vedo cucine, camere da letto, salotti sventrati, come nei terremoti a noi purtroppo tanto familiari, vigili del fuoco che calano anziani dalle finestre, e gruppi di persone del vicinato che accorrono per rendersi utili».

Hai raccontato tanti conflitti, cosa ha (se lo ha) di diverso questa guerra? Ci sono difficoltà inedite rispetto ad altri scenari bellici?
«Sono stato in Siria e Afghanistan e ho raccontato tutti gli attentati terroristici in Europa degli ultimi anni. Il mio motto è “niente rischi innecessari”. Mi ritengo prudente, ma ammetto che il contesto urbano di una capitale europea, ancorché deserta e militarizzata, può far sottovalutare il pericolo. Purtroppo in questi ultimi giorni sono stati uccisi qui a Kiev un documentarista americano freelance, un cameraman di Fox News e la sua producer ucraina. Anche io mi muovo con un producer. Mi sento responsabile della sua incolumità».

Sei in una città sempre più stretta nella morsa dei russi che avanzano.
«Kiev è il luogo cui tutti guardano, il centro della storia, ma non è certo il più pericoloso dell’Ucraina in questo momento. C’è Mariupol, città martire sotto assedio dove 400mila persone non hanno più elettricità e sciolgono la neve per bere. C’è Kharkiv, devastata dai bombardamenti, o Melitopol, dove il sindaco è stato portato via dai russi incappucciato».

Sei l’unico giornalista italiano che è riuscito a intervistare il presidente Volodymyr Zelensky: che esperienza è stata?
«L’ho incontrato nell’ambito di un gruppo di giornalisti internazionali ammessi nel palazzo presidenziale. Ci hanno dato appuntamento in un luogo riservato, poi ci hanno accompagnato all’interno. Ci ero già stato anni fa al seguito di una visita diplomatica, ma è diventato un luogo tetro, pieno di barricate e di militari pronti al corpo a corpo con i russi. Il presidente Zelensky era stanco, ma non si è risparmiato. La propaganda russa lo voleva a Leopoli o in Polonia e invece è sempre lì, a incitare il suo popolo alla resistenza».

In queste ore si stanno moltiplicando gli attestati di stima dai tuoi concittadini di Forano e Gavignano. Plaudono al tuo lavoro e insieme temono per la tua vita. Come vivi questa vicinanza e che messaggio vuoi inviare loro?
«Mi scrivono tantissime persone che mi conoscono da sempre, ma che magari non sento da anni, complice anche la pandemia. Mi fa molto piacere, perché anche in giro per il mondo mi sento sempre gavignanese e sabino. Tante di queste persone dicono che stanno pregando per me e le ringrazio dal profondo».

Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 13:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA