Rieti, studente reatino referente di hacker russi per la vendita di Green pass falsi

Lunedì 8 Novembre 2021
Green pass

RIETI - Uno studente reatino referente di un gruppo hacker russo per la vendita di falsi Green pass.

E' figlio di due medici reatini, ovviamente ignari di questa attività illecità che vede coinvolto il figlio, che era arrivato a guadagnare fino a ventimila euro.

Il desiderio di mantenersi in forma e l'avversione al vaccino, l'avevano spinta a cercare in rete un green pass falso per andare in palestra ma una modella genovese, dopo aver inviato i propri documenti e 150 euro, aveva atteso invano il certificato. C'è voluto qualche giorno perché realizzasse di essere stata truffata da uno sconosciuto che, minacciando di denunciarla, l'aveva ricattata, pretendendo altri soldi. Nonostante l'imbarazzo, la donna ha deciso di denunciare tutto alla Polizia Postale di Genova. La pista seguita dagli uomini della sezione Financial Cybercrime della Polposta ha portato a individuare un'abitazione nel Lazio e uno studente (reatino) che, grazie a non comuni capacità informatiche era diventato il referente italiano di un gruppo di hacker russi specializzati nella creazione di green pass falsi.

Nel corso dell'indagine è emerso che il ragazzo, che gestiva direttamente i canali Telegram su cui erano proposti in vendita i pass falsi, comunicava i dati degli utenti all'hacker russo che forniva le indicazioni su come procedere al pagamento. Per poter confezionare un certificato credibile, il gruppo criminale chiedeva copia dei documenti d'identità che venivano poi utilizzati per aprire conti on line, carte di credito o account su piattaforme di e-commerce o per compiere altri reati. Il ragazzo era riuscito ad accumulare, in pochi mesi, oltre 20 mila euro che aveva investito in cryptomonete, applicazioni bot in grado di moltiplicare i membri di Telegram con utenti fake e beni elettronici di ultima generazione oltre a prodotti di bellezza e capi di abbigliamento griffato, tutto materiale sequestrato nel corso della perquisizione. I genitori del ragazzo, estranei ai fatti, pensavano che il denaro guadagnato dal figlio fosse il ricavato della vendita upgrade per giochi online. L'indagine, diretta dal sostituto procuratore Federico Panichi e coordinata dalla Polizia postale di Roma è oggetto di approfondimenti per gli eventuali sviluppi transnazionali.

Ultimo aggiornamento: 15:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA