Renzi vince le primarie Pd: «Adesso avanti insieme». E marca stretto il governo

Lunedì 1 Maggio 2017 di Alberto Gentili
Renzi vince le primarie Pd: «Adesso avanti insieme». E marca stretto il governo

ROMA «E' un risultato impressionante, oltre ogni aspettativa. Ma non è una rivincita, qui comincia una storia totalmente nuova. Questo è un nuovo inizio». Alle undici di notte Matteo Renzi affronta telecamere a taccuini. E' «felice», euforico, «commosso». Il nuovo segretario del Pd risorge con percentuali che lo danno oltre il 70% di quasi due milioni di votanti.

Ma per Renzi «non è un punto d'arrivo, è un punto di partenza». Per provare, «quando ci saranno le elezioni», a raggiungere il 40% e strappare il premio di maggioranza con cui tornare al governo. Da solo. «Noi vogliamo fare una grande coalizione con i cittadini, non con i presunti partiti che non rappresentano neppure se stessi. Non sappiamo quando andremo a votare, ma ci dovremo andare con un partito molto più radicato. Spalanchiamo i circoli, andiamo a parlare con la gente. Il populismo si sconfigge non con le élite, ma con il popolo». Se ha ragione si scoprirà tra poco: l'11 giugno si vota in oltre mille Comuni.

DALL'IO AL NOI
«E' una responsabilità straordinaria! Grazie di cuore a questa comunità di donne e uomini che credono nell'Italia. Avanti, insieme», aveva scritto poco prima Renzi su Istagram, postando biglietto firmato da lui e da Maurizio Martina. Insomma, via l'io. Avanti con il noi. Tant'è, che sulla terrazza del Nazareno, Renzi vuole accanto a sé i militanti: «Non ho mollato grazie al vostro sostegno, in questi mesi c'era uno scandalo vero o falso al giorno... Siamo una grande comunità, non un partito personale». E ringrazia uno a uno i suoi consiglieri e collaboratori. «Questo non è un partito di uno solo, lo dimostrano i due milioni di votanti. Umiltà e responsabilità». La lezione del 4 dicembre forse è servita.

Lontano da telecamere e taccuini, Renzi parla già di futuro. Il segretario del Pd, legittimato in modo massiccio dalle primarie dopo la devastante sconfitta del referendum, è determinato a farsi sentire. A far valere per intero la sua «leadership forte» (Franceschini docet) e il suo peso di principale azionista del governo. «Del resto la faccia ce la mettiamo noi. Se Gentiloni fa male, il prezzo lo paga il Pd...», sussurrano al Nazareno. «Una bella giornata», twitta il premier dopo essersi congratulato al telefono con Renzi, quasi a voler dimostrare di non temere per la sua sorte.

Renzi, però, sarà la sua ombra. Ruolo del resto da cui non è mai sfuggito: i niet contro l'aumento dell'Iva e della benzina sono lì a dimostrarlo. Il primo step sarà cercare di trovare una soluzione per scongiurare il fallimento di Alitalia. Il segretario non ha alcuna intenzione di arrivare alle elezioni portandosi sulle spalle il licenziamento di «migliaia di lavoratori». Ma, allo stesso tempo, non intende neppure «metterci soldi pubblici». Mossa altrettanto impopolare. Così l'idea è spingere i futuri commissari a stilare un nuovo piano industriale offrendo una garanzia pubblica per invogliare qualche compratore.

LO SCOGLIO D'AUTUNNO
La madre di tutte le battaglie sarà però la manovra economica di autunno. Uno scoglio estremamente pericoloso a pochi mesi dalle elezioni. Tant'è, che Renzi sarebbe ancora tentato di andare al voto in settembre (se mai riuscisse a ottenere la legge elettorale) per timonare lui stesso la barca del governo tra i marosi. Ma siccome la riforma elettorale è impresa complicatissima («non ho la maggioranza in Parlamento per farla»), nel ruolo di premier ombra sarà lui a dettare le mosse a palazzo Chigi. La prima: contrattare con Bruxelles un accordo «per avere maggiore spazio di deficit con cui promuovere gli investimenti e il taglio delle tasse alle famiglie». La seconda: tentare «un'operazione finanziaria straordinaria per abbattere il debito». Per il reddito di cittadinanza tutto rinviato a dopo le elezioni. Se mai dovesse vincere.

Parlare di voto, significa affrontare il nodo della legge elettorale. Per giorni il segretario ha detto che «tocca agli altri fare la proposta». Ma adesso Renzi prenderà l'iniziativa. Obiettivo: provare a strappare un minimo di maggioritario in grado di garantire governabilità e scongiurare le larghe intese dopo le elezioni. Ma siccome l'impresa appare pressoché impossibile, il segretario si attrezza a tenersi i sistemi elettorali usciti dalle sentenze della Consulta, armonizzati a gennaio con un decreto. E questo perché ritiene che così si possa valorizzare il voto utile: «Siamo noi gli anti-Grillo». Qui si torna alla scommessa: superare il 40%, come alle europee di tre anni fa.
 
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