Il M5S lo chiama reddito di cittadinanza ma la proposta presentata in Senato fin dal 2013 si riferisce in realtà ad una forma di reddito minimo secondo il modello noto in ambito internazionale come Gmi (guaranteed minimum income). La differenza tra i due strumenti non è banale: il reddito di cittadinanza verrebbe assegnato appunto a tutti i cittadini indipendentemente dal reddito e dalla condizione sociale, mentre nel secondo caso - stando al progetto originario poi confermato da Luigi Di Maio - è prevista l’erogazione di un sussidio fino a 780 euro, con l’obiettivo di far raggiungere questo livello di reddito a chi si trova al di sotto oppure a zero. Gli interessati devono essere disposti ad accettare un’eventuale offerta di lavoro (che sia comunque “congrua” ovvero connessa alle competenze dell’interessato e localizzata entro 50 km dalla sua abitazione, se ne possono rifiutare fino a tre). Quanto ai costi, sempre Baldini e Daveri avevano ottenuto una stima analoga a quella del «reddito di dignità» calcolando però una platea più ampia (4,9 milioni di famiglie) e un trasferimento mensile medio di 480 euro. L’importo è all’incirca doppio di quello valutato a suo tempo dall’Istat, che però non includeva nel reddito dei nuclei potenzialmente beneficiari il cosiddetto «affitto imputato» ovvero il reddito virtuale legato al possesso dell’abitazione principale.
Ultimo aggiornamento: 09:33
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