Corona torna in carcere, la parabola dell'ex re dei paparazzi e quell'appello dei vip: dategli la grazia

Martedì 11 Ottobre 2016 di Renato Pezzini
Corona torna in carcere, la parabola dell'ex re dei paparazzi e quell'appello dei vip: dategli la grazia
Di tutte le cose che Fabrizio Corona ha detto di se stesso è difficile distinguere quelle false da quelle vere, ammesso che ce ne siano di vere. Un giorno ha raccontato di essersi tuffato in una piscina senz'acqua a nove anni per attirare l'attenzione dei genitori. In un'altra versione ha spostato l'episodio avanti nel tempo, «avevo dodici anni e volevo far colpo sugli amici». E' plausibile che nella piscina vuota ci fosse finito non per volontà propria, ma per sbaglio. Ma c'era davvero finito?

PROMESSE NON MANTENUTE
A giugno dello scorso anno aveva salutato con entusiasmo la libertà dopo due anni e mezzo di galera: «Sono felice, e giuro che in carcere non tornerò più». Pareva una dichiarazione d'intenti, l'inizio di una nuova stagione fatta di buoni propositi e di cenere cosparsa sul capo. E mentre lo diceva già pensava - così adesso sostengono i magistrati - a come ingannare il fisco accumulando un tesoretto frutto di guadagni in nero. Addio buoni propositi. E addio libertà visto che in carcere ci è di nuovo tornato malgrado il solenne giuramento.

Corona, che ha sempre adorato farsi intervistare pur avendo poche cose da dire, ha ripetuto un'infinità di volte di aver pagato il suo «essere contro il sistema». Nei fatti però esistono poche persone così dentro il sistema come lui. «Quando avrò venticinque anno sarò ricco, famoso, e andrò in giro in Porsche» aveva detto quando di anni ne aveva 20. Profezia avverata, anche se resta da capire in che modo essere ricchi, famosi e guidare una Porsche significhi essere «contro il sistema». Quale sistema?

Uno psicologo incaricato dal Tribunale di valutare le sue condizioni mentali ne ha dato una definizione sintetica: «Narcisista e borderline». Lui in una recente comparsata in tv è stato più benevolo: «Sono una persona molto intelligente». E in effetti qualche numero ce l'ha: ha fatto il fotografo di successo senza mai aver scattato una sola fotografia (ammissione sua), ha fatto fallire buona parte delle sue società senza pagare quasi mai dazio; ha guadagnato molto denaro solo grazie al fatto di essere Fabrizio Corona, e non è roba da tutti.

Qualche tempo fa i rumorosi frequentatori di un locale di Gioiosa Jonica lo hanno preso a calci e pugni. Avevano pagato profumatamente il biglietto d'ingresso della discoteca che prometteva la «presenza di Fabrizio a partire dalle 23.30». Lui era arrivato alle 4 e alle proteste aveva reagito minacciando di spaccare la faccia a qualcuno. In quale numero avrebbe dovuto esibirsi durante la serata? Nessuno. Agli organizzatori bastava che lui fosse presente per riempire il locale all'inverosimile, e gli diedero 6000 euro.

BELEN E NINA MORIC
Lui è convinto di essere diventato celebre grazie a straordinarie doti imprenditoriali. Per una decina d'anni ha effettivamente controllato e manovrato il mondo del gossip con la sua agenzia e con la complicità di «agenti dei vip» tipo Lele Mora. Attività che lo ha reso senz'altro ricco, ma non famoso. La celebrità, semmai, gli è arrivata per via dell'avvenenza delle sue fidanzate, Nina Moric prima e Belen Rodriguez poi. E grazie all'abilità nel rispolverare il vecchio stereotipo del «bello e dannato». Le condanne hanno fatto il resto.

Eppure, dopo la sua fuga in Portogallo, dopo l'arresto (il secondo) del 2013, dopo un cumulo di 13 anni di condanne per una infinita serie di reati - estorsione, corruzione, bancarotta, spaccio di banconote false, aggressione a pubblico ufficiale, e molto altro - s'è fatta largo in Italia una corrente di pensiero che lo elesse «vittima della giustizia» chiedendo a gran voce l'intervento del Presidente della Repubblica affinché gli concedesse la grazia. Celentano, Fiorello, Signorini, Travaglio, tutti schierati col povero Fabrizio.

LA RICHIESTA DI GRAZIA
La grazia non è mai arrivata, ovviamente. Tuttavia quella campagna ha ammorbidito i giudici di sorveglianza che nel giugno 2015 gli concessero l'affidamento ai servizi sociali e lo consegnarono nelle mani della comunità Exodus di un raggiante don Mazzi: «Insegna informatica agli extracomunitari e lava i piatti alla mensa» cantavano le cronache rosa. E lui, riabilitato dal popolo, è tornato a fare le sue remunerative serate in discoteca in giro per l'Italia, a farsi fotografare (di nascosto?) in compagnia di graziose signorine, e a vergare delle indimenticabili sentenze su facebook. L'ultima ieri mattina: «L'importante è vincere».
Ultimo aggiornamento: 11:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA