Ucraina, Adolfo Urso: «Kiev si fida di questo governo in prima linea per la ricostruzione»

Il ministro: «Una piattaforma logistica unirà i porti ucraini a Venezia e Trieste»

Domenica 26 Febbraio 2023 di Francesco Bechis
Ucraina, Adolfo Urso: «Kiev si fida di questo governo in prima linea per la ricostruzione»

Un Piano Marshall per l’Ucraina, made in Italy. Mentre la guerra prosegue il suo corso, l’Italia pensa già al dopo ed è pronta a mobilitare le sue energie migliori per rimettere in piedi il Paese martoriato, dai porti alle autostrade, spiega Adolfo Urso, ministro delle Imprese e il Made in Italy di Fratelli d’Italia.

Ministro, a che punto è il lavoro italiano per la ripresa ucraina?

«Sappiamo che dovremo far di più, sia in Europa che nel G7, per questo Giorgia Meloni ha parlato di un Piano Marshall per l’Ucraina.

Dobbiamo fare per Kiev quel che gli Stati Uniti hanno fatto nel dopoguerra per noi. È la vera sfida della libertà e del benessere nel nostro Continente».

A fine aprile Roma ospiterà la conferenza bilaterale per la ricostruzione. Qual è la missione del vertice nella Capitale?

«Predisporre da subito le misure urgenti per sostenere l’economia Ucraina in questa fase, per esempio nel campo della produzione agricola e alimentare, fin dal raccolto della prossima primavera. Urgenti sono anche gli interventi sulla rete elettrica e su quella idrica. Dobbiamo anche aiutare il Paese a esportare le sue merci in modo sicuro e veloce».

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Come?

«Abbiamo pensato di realizzare una piattaforma logistica che metta in contatto terrestre l’Ucraina con i porti del nord Italia, in particolare e non solo, Trieste e Venezia. In questo modo consentiremo a Kiev un nuovo e sicuro sbocco al mare, viste le difficoltà di poter utilizzare a lungo i loro porti sul Mar Nero».

Altri Paesi europei, come la Germania dove lei è appena stato in visita, si sono già mossi. L’Italia è in ritardo? 

«Affatto. Come ho ricordato prima, l’Italia è pienamente in campo: nella mia missione a Kiev di gennaio scorso abbiamo sottoscritto un primo memorandum individuando i principali settori e nel meeting di aprile coinvolgeremo le nostre imprese. Per quella data sarà anche pronto il corridoio logistico tra la piattaforma del Quadrante Europa di Verona e la piattaforma di Horonda nel territorio ucraino al confine con la Slovacchia. Proprio per questo, il 10 marzo abbiamo un meeting durante la Fiera della logistica a Verona con le imprese del settore e le autorità coinvolte in cui sarà presentato il progetto». 

 

Non crede che i distinguo nella maggioranza sull’invio di armi a Kiev possano danneggiare anche il ruolo italiano nella partita per la ricostruzione? 

«La garanzia sul ruolo dell’Italia si chiama Giorgia Meloni, la sua leadership ha colpito Zelensky e ha restituito autorevolezza all’Italia sul piano europeo e internazionale. Il governo è coeso in ogni sua componente, ogni passaggio parlamentare lo dimostra». 

Dal vertice di Francia e Germania con Zelensky è emerso il dubbio che anche sulla ricostruzione ucraina sia nata una competizione europea non sempre all’insegna del fair play. Quali sono le carte delle imprese italiane? 

«La nostra economia è pienamente compatibile con quella Ucraina. Già prima della guerra eravamo il terzo partner commerciale, dalle materie prime allo spazio, dalla siderurgia alle macchine agricole e utensili, dalle centrali elettriche agli impianti idrici, alle ferrovie, così come nella logistica e nei trasporti. Loro hanno bisogno di noi e delle nostre imprese e noi siamo pronti a dimostrare quanto possa fare il sistema Italia. Una sfida economica e di civiltà».

L’Ucraina può, in prospettiva, diventare un Paese dove le imprese italiane possono delocalizzare?

«La delocalizzazione è un fenomeno del passato. Oggi dobbiamo favorire l’internazionalizzazione delle imprese e l’Ucraina è il terreno giusto: stiamo mappando settori e località, ma anche gli strumenti finanziari e assicurativi». 

Ponti, strade e ferrovie. L’Italia come intende ripristinare la logistica ucraina?

«Questo è il primo campo su cui ci misureremo, con il progetto del Nord Est ma anche con le nostre imprese di costruzioni e ferroviarie di prim’ordine, nel processo di adesione all’Unione Europea dovranno essere rifatte tutte le ferrovie ucraine che sono ancora a scartamento ridotto come quelle dell’Unione Sovietica, così come ovviamente le infrastrutture distrutte dalle bombe russe: ponti, viadotti, edifici pubblici ma anche purtroppo ospedali e asili presi di mira per creare il terrore».

L’Italia ha un’attenzione particolare per la regione di Odessa. Ci sarà un patronato italiano per ricostruirla?

«Odessa è nel cuore degli italiani: fondata da un napoletano d’origine è stata per secoli punto di approdo dei traffici marittimi tra l’Italia ed il mar Nero. È facile pensare ad un nostro ruolo nella sua rinascita: l’Italia e gli italiani, ne sono certo, darebbero un contributo straordinario in tal senso». 

Si può immaginare un’alleanza tra Roma e Odessa per l’Expo 2030?

«Abbiamo un’alleanza ideale, fatta di valori comuni, storia e cultura, ma in questa fase siamo in competizione. Sono certo che lavoreremo comunque insieme perché sia il grande evento che l’Europa merita». 

A proposito di Europa, la decisione sulle auto elettriche rischia di penalizzare l’Italia. Avete un piano?

«Stiamo costruendo l’alleanza utile allo scopo: innanzitutto in Italia, con imprese e sindacati, quindi in Europa. Ho incontrato la scorsa settimana Habeck a Berlino e venerdì vedrò Le Maire a Roma. Ci misureremo nei dossier ancora in campo: quello su Euro 7 e quello sulla CO2 per i veicoli pesanti. Chiediamo neutralità tecnologica e tempi e modalità per consentire la riconversione industriale della nostra filiera automotive. Con la nuova Commissione e il nuovo Parlamento affronteremo in un clima più favorevole la clausola di revisione prevista per il 2026. Noi non molliamo». 

Andrete avanti sul piano di incentivi per le auto made in Italy?

«Dobbiamo rimodulare gli incentivi già in atto per favorire la produzione nazionale come fanno altri Paesi, sinora le risorse sono andate in buona parte a macchine realizzate all’estero e peraltro i riscontri sulle macchine elettriche sono emblematici: in Italia resta un bene di lusso. Bisogna mettere in sintonia le risorse pubbliche destinate alla transizione con le capacità del sistema industriale». 

Si lavora intanto al dossier Priolo: ci sono davvero remore degli americani sulla vendita della raffineria a Goi Energy? La trattativa va verso la chiusura?

«La procedura del golden power è in corso: è inopportuno pronunciarsi in questa fase. Una cosa è certa: abbiamo salvaguardato produzione e occupazione. E così sarà anche in futuro».

Chiudiamo sulle concessioni balneari. Come intendete tener conto dei rilievi del Colle?

«Con la dovuta attenzione, come sempre. Troveremo una soluzione tenendo conto delle sue valutazioni».

Ultimo aggiornamento: 10:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA