Stop all'abuso d'ufficio, il Quirinale in attesa di modifiche sulla riforma

Venerdì 21 Luglio 2023 di Francesco Malfetano
Stop all'abuso d'ufficio, il Quirinale in attesa di modifiche sulla riforma
«Rifletterò...» Quando Giorgia Meloni lo ha detto a Sergio Mattarella la scorsa settimana, l'impressione del Quirinale era stata che sull'abolizione dell'abuso d'ufficio palazzo Chigi avrebbe quantomeno morso il freno. Un po' come effettivamente accaduto sullo scontro con la magistratura o sulla riforma del concorso esterno in associazione mafiosa.
Attorno alla premier però, oggi la linea sembra essere diversa. Anche solo a leggere dichiarazioni e pareri messi nero su bianco da governo e maggioranza infatti, sia l'abolizione del reato tanto inviso a sindaci e amministratori locali, sia la depenalizzazione del traffico di influenze, non sembrano destinati ad alcuna rivoluzione.

ATTEGGIAMENTO

Un atteggiamento che sembra lasciare perplesso il Colle. Al punto che nei ragionamenti che riguardano l'iter del ddl, si ricorda come la firma già apposta dopo dieci lunghi giorni di riflessione dal Capo dello Stato per mandare il testo alle Camere, nella grammatica istituzionale resti «una formalità». Com'è noto infatti, il vero scoglio è rappresentato dalla promulgazione della legge, a valle del passaggio in Parlamento.
A dispetto di questo primo atto in pratica, la controfirma di merito metterebbe il Presidente nella condizione di essere costretto ad abbandonare la tanto amata moral suasion per adottare il più invasivo strumento del rilievo formale, esercitando di imperio il suo legittimo ruolo di garante dei principi costituzionali e del rispetto dei trattati internazionali.
Uno scontro che per abitudine ed indole il Capo dello Stato vorrebbe evitare. Intanto però alla Commissione Affari Ue che per mano dei deputati di FdI lancia i propri strali contro la nascente direttiva europea che imporrebbe la presenza di una legge contro l'abuso d'ufficio in ognuno dei ventisette paesi comunitari, c'è chi risponde informalmente che l'eliminazione del reato contrasterebbe con la convenzione Onu di Merida.

L'ATTESA

Al netto di tutto ciò però, a trapelare concretamente dal Colle è poco, quasi solo la disponibilità ad una paziente attesa nei confronti del passaggio in Parlamento che inizierà a settembre dal Senato. Lì il testo è aperto a qualunque modifica e, se la riflessione di Meloni finirà con il combaciare con quella del suo Guardasigilli o della sua maggioranza, dovrebbe trovare il modo di conformarsi alla cautela di Colle ed Europa.
In questa fase però, la direzione intrapresa da palazzo Chigi sembra essere un'altra. Specie perché la maggioranza, forte del sostegno sia di Renzi e Calenda (stranamente d'accordo) che di una grossa fetta del Partito democratico, è realmente tentata di andare alla prova di forza. Convinta che l'ampiezza del fronte parlamentare che potrebbe finire con il sostenere la riforma possa depotenziare i dubbi del Quirinale.
Uno scardinamento istituzionale che però rischia di diventare esplosivo. Anche perché, al di là delle schermaglie viste fino a questo momento, il prossimo atto della riforma Nordio andrebbe ad intaccare sul serio la magistratura imponendo la separazione delle carriere dei magistrati attraverso una legge costituzionale. Avviarsi ad un provvedimento di questo tipo con un Mattarella (che presiede il Consiglio superiore della magistratura) non proprio fiducioso rispetto all'azione dell'esecutivo, può infatti essere deleterio per la stessa maggioranza.
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