Meloni alla Camera: «Ragazzi, vi vedo nervosi». Scintille con il Pd: «Ambiguità su Kiev». E in Aula scoppia la bagarre

Clima rovente a Montecitorio

Giovedì 21 Marzo 2024 di Andrea Bulleri
Meloni alla Camera: «Ragazzi, vi vedo nervosi». Scintille con il Pd: «Ambiguità su Kiev». E in Aula scoppia la bagarre

Da una parte, la pace con Matteo Salvini. «Ma non c'è mai stata alcuna guerra», assicurano i parlamentari della maggioranza a chi chiede loro dell'abbraccio andato in scena sui banchi del governo tra la premier e il leader della Lega.

Dall'altra, il fuoco alle polveri con le opposizioni. Che per qualche ora incendia l'atmosfera di Montecitorio.

Meloni-Salvini, l'abbraccio tra Giorgia e Matteo (che dopo 10 minuti se ne va). E dai banchi parte il coro: «Bacio, bacio»

Arriva alla Camera di buon mattino, Giorgia Meloni, per un altro dibattito in vista del Consiglio europeo di oggi e domani. Ma rispetto alla foto di due giorni fa in Senato, stavolta accanto a lei siedono entrambi i vicepremier (Salvini per la verità se ne va dopo una decina di minuti, non prima di un abbraccio e uno scambio di sorrisi con la premier. Come a dire: altro che divisioni tra noi sulla Russia). E se sugli scranni dell'esecutivo pare tornata l'armonia, è nel botta e risposta con la metà sinistra dell'emiciclo che il clima si surriscalda.
Tanto che Meloni, che di sottrarsi allo scontro non ha alcuna intenzione, mentre il brusìo monta a un certo punto si interrompe: «Ragazzi, vi vedo sempre un po' nervosi...». E via con le proteste di Pd e M5S. «Non posso chiamarvi "ragazzi"?», riprende Meloni. «Vabbè, giovani onorevoli. No? È evidente che non vi sono particolarmente simpatica...», ironizza, per poi tornare al rituale «onorevoli colleghi» (anche se qualche "ragà" le sfugge di nuovo).

LA ZUFFA

Al netto delle polemiche lessicali, a gettare benzina sul fuoco sono soprattutto due scambi. Quello col Pd, che la premier accusa di «ambiguità» sul sostegno a Kiev per essersi astenuto in un'occasione sull'invio di armi («falso», replicano i dem, «abbiamo sempre sostenuto l'Ucraina», mentre la segretaria Elly Schlein gira alla leader del governo l'accusa di «incoerenza»). E poi la zuffa mimica e verbale col presidente pentastellato Giuseppe Conte. Lui l'accusa gridando di portare il Paese «alla terza guerra mondiale», lei nel frattempo si copre il viso con le mani. Ma pure con Angelo Bonelli dei Verdi, che definisce «inquietante» lo sguardo della premier (e Meloni, per tutta risposta, si copre il viso con la giacca).

 


È in questo clima arroventato, che si distende in un applauso corale solo quando la premier ricorda Ilaria Alpi nell'anniversario dell'uccisione, che filano via quattro ore di dibattito. Alla fine, la risoluzione di maggioranza viene approvata con l'astensione del Pd e il no dei 5S, mentre i testi delle opposizioni si votano per parti separate. Poi, prima del Cdm del pomeriggio, Meloni sale al Quirinale per la consueta colazione pre-Consiglio Ue. Il tema al centro della riunione dei Ventisette, e dunque del dibattito in Aula, è ancora la guerra in Ucraina.
Ed è su Kiev che si concentrano gli attacchi delle opposizioni. Col dem Piero De Luca che punta il dito contro il segretario della Lega: «Come possiamo credervi se una parte del governo si complimenta con Putin per la vittoria?». Replica la premier: «Mi si dice di parlare con Orban e con Salvini per chiarire il sostegno all'Ucraina. In entrambi i casi contano le decisioni e i voti». E il governo «ha una posizione chiara». Poi la stoccata sul premier ungherese: «Quando parlo con le persone con cui ho buoni rapporti, e non ho bisogno di farlo col ministro Salvini precisa Meloni , porto a casa dei risultati».

ELMETTO E POCHETTE

Ma è quando in dichiarazione di voto prende la parola Conte che il livello dello scontro s'impenna di nuovo. Perché l'ex premier, chiamato in causa da Meloni al Senato proprio sull'Ucraina («ha detto a Zelensky di indossare abiti civili, forse riteneva che a governare l'Italia ci sarebbe stata la sua pochette»), sferra attacchi a testa bassa. «Secondo lei il problema degli italiani è la mia pochette o l'elmetto che si è messa in testa?», sferza. E ancora: «Un senatore del suo partito si è permesso di fare una battuta omofoba su Macron: è un copione comico? Lei è la presidente del Consiglio, non un capocomico». E poi attacchi sulle banche, sugli Usa. Meloni fa cenno di no con il dito, come a respingere le responsabilità verso il suo predecessore, l'avvocato è un fiume in piena: «Si copre la faccia? Fa bene, perché l'ha persa...».


Alla fine tocca a Elly Schlein. Più felpata nei toni, non nei contenuti. «Nel 2018 lei si è complimentata con Putin per la vittoria alle urne», parte lancia in resta la segretaria dem. Ma «glieli aveva fatti anche Mattarella, Putin non aveva ancora invaso l'Ucraina», ribatterà dopo da FdI Giovanni Donzelli. E al nominare il capo dello Stato in Aula cresce il caos. Schlein accusa la premier di essere stata «incoerente»: «Ha cambiato faccia su tutto, ora cambi idea anche su salario minimo e premierato». E affonda sul recente viaggio al Cairo: «Chieda ad Al-Sisi gli indirizzi dei quattro imputati per la morte di Giulio Regeni». Un tema, quello dell'incontro col presidente egiziano, che Meloni aveva toccato poco prima: «Fermo restando che per me si deve parlare con tutti aveva chiarito c'è differenza fra Al-Sisi e Putin: Putin ha invaso una nazione vicina, per questo stiamo aiutando l'Ucraina».

 

Ultimo aggiornamento: 13:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA