Concorso esterno in associazione mafiosa, cosa è (e perché fa discutere le forze politiche)

Dopo le parole del Guardasigilli Carlo Nordio (è «un ossimoro»), arriva la replica della premier: «Ora altre priorità». Al centro però rimane un dibattito tra i giuristi sui confini (per alcuni troppo vaghi) di questo reato

Domenica 16 Luglio 2023
Perché si ritorna sempre a parlare di concorso esterno in associazione mafiosa

Le parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio sul concorso esterno in associazione mafiosa (è «un ossimoro») hanno scatenato favorevoli e contrari a un intervento legislativo in materia, provocando poi la replica del sottosegretario Mantovano prima (non è «un tema in discussione») e della premier Giorgia Meloni poi («mi concentrerei attualmente su altre priorità»). 

Ma perché, periodicamente, si torna a parlare di concorso esterno in associazione mafiosa? Partiamo dal dire cos'è l'associazione mafiosa "semplice": l'articolo 416 bis del codice penale punisce «chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone». I giuristi parlano di "reato di accordo": basta far parte di un'associazione mafiosa per violare la legge. Non tutti coloro che entrano in contatto con la mafia sono però "affiliati": molti intrattengono invece relazioni e scambi con questo o quel mafioso. Per questo si è scelto di applicare all'associazione mafiosa "classica" il concorso nel reato (articolo 110): la norma con cui viene punito, ad esempio, chi fa da "palo" a un complice durante una rapina.

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In questo modo, ha affermato più volte la Cassazione, si colpisce anche chi, «pur non stabilmente inserito nella struttura organizzativa» mafiosa, «fornisce alla stessa un contributo volontario, consapevole concreto e specifico» a tenerla in vita.

Non si tratta quindi, secondo i giudici, di «un istituto di creazione giurisprudenziale» (come affermano alcuni suoi detrattori) ma dell'applicazione congiunta di due articoli diversi.

Il rischio che però denunciano da tempo vari giuristi è che così facendo si possano ampliare troppo le ipotesi in cui un viene commesso: il codice penale, al contrario, deve affermare chiaramente quali condotte sono vietate e quali invece lecite per essere efficace, senza spazi grigi. La sintesi migliore, forse, l'ha fatta di recente Giovanni Fiandaca: chiarendo di non voler rientrare in nessuno schieramento, il professore emerito di diritto penale ha affermato che «l’intervento sarebbe necessario», ma per ora «è troppo forte la contrapposizione politica».

 

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