Sibilla Barbieri, suicidio assistito in Svizzera. Cosa è successo? Per la Asl 1 di Roma «non aveva i requisiti». Il testamento in un video

Il figlio, l'ex senatore Perduca e Cappato si autodenunciano: rischiano fino a 12 anni

Martedì 7 Novembre 2023 di Valeria Di Corrado
Sibilli Barbieri, suicidio assistito negato: va a morire in Svizzera. Per la Asl 1 «non aveva i requisiti necessari»

L'attrice e regista Sibilla Barbieri, malata oncologica terminale che aveva espresso il desiderio di morire nell'appartamento romano dove viveva, è dovuta andare in Svizzera, oltre il confine di quell'Italia che le ha negato il diritto al suicidio assistito.

La 58enne si è autosomministrata il farmaco letale in una clinica, riuscendo solo così a esaudire le sue volontà. Secondo la Asl Roma 1, infatti, non possedeva tutti e quattro i requisiti previsti dalla sentenza della Corte costituzionale per poter accedere legalmente alla morte volontaria assistita. In particolare, l'équipe medica multidisciplinare dell'azienda sanitaria locale ha ritenuto che alla donna mancasse il requisito della dipendenza da trattamento di sostegno vitale. Sibilla Barbieri era invece dipendente da ossigenoterapia e da farmaci per il dolore che, se interrotti, avrebbero portato velocemente a una morte dolorosa. Per questo ha deciso di intraprendere il suo ultimo viaggio verso la Svizzera, insieme al figlio, a Marco Perduca e Marco Cappato dell'Associazione Luca Coscioni, che oggi si presenteranno alla caserma dai carabinieri di via Barberini, a Roma, con l'obiettivo di autodenunciarsi per l'assistenza al suicidio offerta all'attrice (rischiano fino a 12 anni di carcere) e per denunciare l'azienda sanitaria locale.

 

Le verifiche

«Con il team legale che coordino - spiega l'avvocatessa Filomena Gallo - abbiamo seguito Sibilla Barbieri sollecitando l'Asl Roma 1 ad effettuare le verifiche sullo stato di salute della nostra assistita e a procedere come indicato dalla sentenza di incostituzionalità della Corte costituzionale sul caso Cappato-Antoniani. I dirigenti dell'azienda sanitaria hanno predisposto le verifiche e inviato un diniego di accesso all'aiuto alla morte volontaria perché, secondo una commissione aziendale istituita ad hoc, la persona malata non dipendeva da trattamenti di sostegno vitale». Al diniego non sarebbe stata allegata la relazione medica e neppure il parere del Comitato etico competente, documenti che l'Associazione Luca Coscioni aveva richiesto. «Dopo avere verificato con il dottor Mario Riccio la documentazione medica, è emerso che invece la Barbieri era sottoposta a plurime forme di sostegno vitale. Motivo per cui - precisa l'avvocatessa Gallo - abbiamo presentato opposizione al diniego, informando i dirigenti dell'azienda sanitaria che la nostra assistita aveva intrapreso anche la procedura per andare in Svizzera, ma che avrebbe voluto concludere i suoi pochi giorni con i suoi cari in Italia. Non vi è stata nessuna risposta da parte dei dirigenti Asl». «Solo venerdì 3 novembre (quando Sibilla era già morta), abbiamo ricevuto il parere del Comitato etico che conferma la sussistenza per la paziente oncologica dei requisiti indicati dalla Corte costituzionale mentre apprendiamo dal verbale della commissione aziendale che non possono aderire al parere positivo del Comitato etico in quanto ritengono che non vi sia il trattamento di sostegno vitale. Spiace e mortifica leggere perfino "che le condizioni attuali non sono coerenti con sofferenze fisiche intollerabili"», conclude il legale.
«La commissione multidisciplinare - precisano dalla Asl Roma 1 - ha preso atto del parere preliminare consultivo del Comitato etico del 28 agosto 2023, ha esaminato gli atti e verificato le condizioni della signora, anche attraverso visita collegiale svoltasi il 19 settembre scorso. La commissione, dovendosi necessariamente e scrupolosamente attenere alle condizioni di accesso alla morte medicalmente assistita indicate dalla Corte costituzionale con sentenza n. 242/19, ha ritenuto che non ricorressero le condizioni previste dalla citata sentenza, in quanto la paziente non era sottoposta ad alcun trattamento qualificabile a titolo di sostegno vitale».

Video

 

Il testamento

Il suo "testamento civile" Sibilla lo ha lasciato impresso in un video di poco più di due minuti. Davanti al diniego della commissione medica della sua Asl, la regista si è scagliata contro quella che lei stessa ha definito una «discriminazione gravissima tra i malati oncologici e chi si trova anche in altre condizioni non terminali». «Per questo - spiegava poco prima di lasciare l'Italia - ho deciso liberamente di ottenere aiuto andando in Svizzera perché possiedo i 10mila euro necessari e posso ancora andarci fisicamente. Ma tutte le altre persone che non hanno i mezzi, perché sono sole o non hanno le informazioni, come fanno? Questa è un'altra grave discriminazione a cui lo Stato deve porre rimedio». Nei 166 secondi del video, Sibilla si interrompe più volte, stenta a trattenere l'emozione, soprattutto quando parla di chi, come lei, vorrebbe poter decidere come e quando andar via. «Ringrazio l'associazione Luca Coscioni e i disobbedienti - le sue ultime parole - e ringrazio voi che mi avete ascoltato al posto dello Stato».

Ultimo aggiornamento: 08:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA