Prigozhin, dalle miniere d’oro in Africa alla fabbrica delle fake news. I business milionari del capo della Wagner

Ha intuito le potenzialità della disinformazione sul web come parte della guerra ibrida

Domenica 25 Giugno 2023 di Marco Ventura
Prigozhin, dalle miniere d’oro in Africa alla fabbrica delle fake news. I business milionari del capo della Wagner

Evgenij Prigozhin ha fondato le sue immense fortune sull’abilità con cui è entrato nelle grazie di Putin, tanto che ancora oggi non riesce a scrollarsi di dosso il soprannome di “chef di Putin” e invano sottolinea di non essere mai stato ai fornelli.

Dopo una giovinezza bruciata in nove anni di carcere e lavori forzati per rapina e violenze, rinato come venditore di hot dog ha svoltato conoscendo Putin e diventandone amico. Dagli albori del regime putiniano dopo i primi anni del 2000 a oggi, ha compiuto passi da gigante. Secondo alcuni è il depositario del tesoretto di Putin, costruito su una rete di attività sempre fortemente in odore di criminalità ma ricchissime, dalla concessione delle miniere d’oro in Africa (in cambio di protezione ai capi di governo) fino al business della guerra dall’Ucraina nel 2014 alla Siria e al Mozambico, dall’Egitto al Mali, alla Repubblica centrafricana. Inoltre, ha intuito le potenzialità della disinformazione sul web come parte della guerra ibrida, allungando tentacoli in quel mondo di fake e hackeraggio attraverso il quartier generale di San Pietroburgo della “fabbrica di troll” con cui avrebbe influenzato le elezioni americane del 2016 (per questo è stato sanzionato a Washington con altri 12 campioni della disinformazione in salsa russa).

Prigozhin e il colpo di stato: cosa è successo? Il fallimento di Putin, l'ipotesi di un accordo con la Wagner (e il rischio escalation in Ucraina) 

DAL CHIOSCHETTO ALLA BRIGATA

La multinazionale di mercenari si sposa con una crescente influenza politica ed economica nell’Africa soprattutto subsahariana, e lui, l’oligarca della ristorazione e della guerra, non ha bisogno di finanziare le proprie campagne, ha forzieri immensi, a differenza di quando muoveva i primi passi nel mondo del catering e delle costruzioni. È un oligarca come altri, anche se non appartiene al circolo dei manager di Stato incensati dal Cremlino. E per questo non è facile rispondere alla domanda su chi vi sia dietro di lui, perché la risposta potrebbe essere, semplicemente, che dietro non c’è nessuno, semmai al suo fianco. La sua obbedienza a Putin ha resistito fino all’ultimo. Ieri i post nel suo canale Telegram alludevano già al possibile negoziato per consentire al mentore nonché concittadino di San Pietroburgo, città che ha dato i natali a entrambi, di tornare a stringersi la mano, per quanto dietro il paravento della mediazione di Lukashenko, il dittatore bielorusso. Magari con la promessa di scalzare prima o poi i due grandi avversari di Wagner, il ministro della Difesa Shoigu e il capo degli stati maggiori, Gerasimov. 

Il legame tra Prigozhin e l’universo carcerario trova conferma anche adesso, se si moltiplicano le notizie sulla liberazione dei detenuti dai penitenziari nel Sud della Russia prima del ritiro ormai in prossimità di Mosca, e se proprio i galeotti hanno rappresentato il grande bacino di riserva dei miliziani di Wagner nei lunghi mesi della guerra sul fronte ucraino. La connection con Putin era (anzi, è) così forte, che molti osservatori sono convinti che gli attacchi sui social a Shoigu e Gerasimov fossero concordati con lo Zar e che alla fine Putin avrebbe scaricato loro e non Prigozhin, e avrebbe usato il padre padrone di Wagner per trasformare i vertici della “operazione militare speciale in Ucraina” nei capri espiatori di una campagna finora fallimentare. Eppure, la ribellione dell’ex chef che “cucina” e mette sulla graticola il suo benefattore lo ha promosso venerdì in un «traditore». E come diceva Putin nel 2015, i traditori sono coloro che «fanno parte della stessa squadra, e quando meno te l’aspetti ti accoltellano alla schiena». In un certo senso, Prigozhin è una perfetta creatura del Cremlino, così come il gruppo Wagner è stato armato da Putin e ne ha servito fedelmente gli interessi. La foto in cui il primo, in piedi alle spalle del secondo, scoperchia compiaciuto il piatto fumante (forse proprio al pranzo ufficiale per George W. Bush nel 2006) ha un valore simbolico, premonitorio. Così com’è apparso cupo, apocalittico, ma anche edificante, quel post sui canali Telegram vicini a Prigozhin che riporta la sinossi del terzo atto, l’ultimo, del “Crepuscolo degli Dei” di Wagner, l’idolo di tutti i wagneriani. Muoiono Sigfrido e Hagen, e nel cielo il Valhalla popolato dagli dei è in fiamme, divorato da un colossale incendio. Finisce così che il Male viene redento e le sirene si divertono tra le onde tranquille del Reno, giocando con l’Anello. 

Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 10:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA