Anche in una notte del genere è riuscito a essere Special. Sì, perché con 20mila increduli sugli spalti a Budapest, altri 55mila a Roma in un Olimpico popolato di maxischermi e una squadra a pezzi, fisicamente e psicologicamente, ha tirato fuori il coniglio dal cilindro. Come aveva fatto con Dybala, in campo, qualche ora prima. Stavolta la sorpresa è di quelle che ti spiazza ma che strappa allo stesso tempo un sorriso. José Mourinho l'ha fatta a tutti un'altra volta: «Rimango, non me ne vado, resto qui con voi» è il succo del discorso che ha fatto prendendo i suoi ragazzi, riunendo la famiglia sotto il settore di innamorati con le lacrime agli occhi.
Mourinho, voglia di rivalsa
Ma c'è voglia di rivincita. E lo ha fatto capre rincorrendo l'arbitro Taylor in zona mista, sino al Van, accusandolo degli errori effettuati durante la gara. Ma per un vincente è il domani quello che conta. Oggi, nella testa di José, è già ieri. La sua permanenza potrebbe indurre anche la Joya a restare. Con buona pace di quella clausola rescissoria che spaventa tanto i tifosi romanisti. A proposito di Paulo, Mou torna sulla pre-tattica che lo ha avvicinato alla finale: «Io non l'ho nascosto. L'ho fatto solo negli ultimi 2-3 giorni. Perché era infortunato davvero in modo grave. Paolino ha fatto un'entrata complicata, poi quando vedi Dybala giocare capisci che con lui negli ultimi due mesi i nostri risultati sarebbero stati diversi. Ha pianto? Ci sono modi diversi di reagire. Io di solito piango quando vinco e non quando perdo. Sono modi diversi di reagire. I ragazzi sono morti fisicamente perché hanno dato tutto. Abbiamo giocato 150 minuti, nel primo tempo 7 minuti di recupero. Sono reminiscenze del Mondiale. Ma è bello vedere i ragazzi tristi, mi piace, perché significa che dentro hanno qualcosa. Dico sempre che il giorno in cui non sentirò più la sconfitta andrò a casa. Il prossimo anno continua la festa. Dybala ci sarà? Non lo so, deve chiedere a lui. Non è vincolato a me. Lui è giocatore della Roma e non di Mourinho».
Il percorso
Sono state due stagioni memorabili per quello che Mourinho ha rappresentato per la Roma e per la gente della Roma. José si è calato perfettamente nel popolo, diventato presto suo. Ha parlato il linguaggio dei tifosi, si è seduto accanto a loro. Ha creato un gruppo di uomini, senza quei fuoriclasse che hanno costellato la sua carriera e l'ha fatto diventare una squadra vera. Un monolite, capace di respingere i nemici e di assorbire i guai (e quest'anno sono arrivati in serie, specie dall'infermeria), trasformandoli in motivazioni, in novità, in idee. E ora, nella serata più difficile, è pronto a ripartire. La palla passa ai Friedkin. Farselo scappare sarebbe un altro ko. Paradossalmente ancora più doloroso.
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