Il popolo di Riva, il "non funerale" di un campione immortale

In trentamila per l'addio a Rombo di tuono. Il figlio: «E' stato se stesso fino all'ultima decisone, ci ha lasciati come ha voluto lui»

Giovedì 25 Gennaio 2024 di Nicola Pinna, nostro inviato a Cagliari
Il popolo di Riva, il "non funerale" di un campione immortale

CAGLIARI C'è un uomo solo di fronte al mare di Su Siccu, dove i pescatori cagliaritani ogni mattina vendono i ricci appena pescati. È metà pomeriggio e il cuore della Sardegna intera batte tutto dentro la basilica della Madonna di Bonaria.
Lui invece è rimasto lì e alla chiesa ha deciso di voltare le spalle. Guarda l'orizzonte e ripiega velocemente quella sciarpa rossoblù che si era portato da casa. «Come si fa ad andare al funerale di uno che non muore mai? Io in mezzo a quella folla non ci vado. Eppure, sono venuto qui per questo: sono partito dal Sulcis, mi sentivo che non potevo mancare. Volevo dirlo anche io il mio grazie a Gigi Riva. Ma quando sono arrivato mi sono fermato e ho capito che per me non è morto. No, non morirà mai. E io vivrò ancora con la certezza che è lì, a darci fiducia, a renderci orgogliosi: come simbolo eterno». Se non è morto tornerà, come intonava il cantore sardo Piero Marras che a Rombo di Tuono ha dedicato una canzone che ora fa commuovere tutti. Le note ora rimbombano sulla piazza Dei Centomila e la Sardegna oggi va a dormire con questo auspicio: che quelle rovesciate, sportive e umane insieme, bastino ancora all'isola per fare gol.

SACRO E PROFANO

Oltre la scalinata tacciono persino gli ultras. Prima c'è il rito dell'alleluja, poi possono iniziare i canti della curva nord. C'è sacro e profano, in un addio che nessuno vuole considerare un funerale: forse è una beatificazione, una cerimonia che affida i salmi ai goleador e che rende eterno il culto dei sardi per Rombo di tuono. L'eterno riposo e i cori dei diffidati. A Cagliari sembra il primo maggio, il giorno di Sant'Efisio quando città e paesi si riversano tutti qui, nel capoluogo, per ricordare il guerriero martirizzato a Nora, ai tempi dei Romani. È un pellegrinaggio lungo e festoso, commovente e musicale, come quello che accompagna il bomber a riposo per sempre dalla chiesa al cimitero monumentale. Era chiuso da tanti anni e qui più nessuno poteva avere il privilegio di essere sepolto. Gigi Riva sì, ma se è vero quello che dice la gente sul sagrato la sua non sarà una tomba. Semmai, un luogo di culto, un punto di ritrovo, dove in tanti andranno ancora a ringraziare, a fare foto, a sperare in un consiglio. Quelli giusti, sempre detti a bassa voce, che il bomber insuperabile ha sempre assicurato ai campioni, centravanti e portieri, che dopo di lui hanno indossato la maglia azzurra. Di certo a Gigi Buffon, inconsolabile orfano, un gigante che sembra incapace di reggersi in piedi, mentre si porta quella bara sulla spalla sinistra. Piange, cerca qualcuno da abbracciare e alla fine stringe forte il primo che si trova accanto. Tiene lo sguardo fisso, perso nel vuoto, rivolto a chissà quale dei tanti incontri con Riva, o magari all'ultima telefonata, mentre il vescovo Baturi celebra la messa. Immobile, per quasi due ore, dalla prima lettura all'ora dell'incenso finale. Non c'è bisogno di parole in questa valle di lacrime e orgoglio, ma anche quelle oggi sono necessarie. Nicola e Mauro i due figli che al papà tanto assomigliano avrebbero preferito stringere le mani di tutti e chinare la testa, ma al maggiore dei due tocca il compito di dirlo a voce alta quel "grazie" che si è letto sempre negli sguardi e nei gesti. «Papà è stato Gigi Riva fino alla fine, Hombre vertical fino all'ultimo giorno. Se n'è andato come voleva lui. In questi giorni abbiamo ricevuto le condoglianze di tantissimi, ma quasi ci siamo sentiti di ricambiarle con le persone che sono venute a trovarci, perché a lasciarci è stato un parente stretto di tutti i sardi. Perché l'isola gli aveva dato una famiglia e gli ha voluto molto bene. Per questo condividiamo il nostro dolore».
E anche il dolore continua ad avere lo stile di Riva. In trentamila arrivano in ordine, si mettono in fila, fanno silenzio, piangono senza clamore, persino gli applausi oggi qui sembrano più delicati. Forti, fortissimi, continui ma raffinati. Sventolano le bandiere, ci sono migliaia di sciarpe tese, fotografie stampate in grande formato e drappi rossoblu appesi ai balconi. Anche le interviste, poche ed essenziali. I campioni del '70 hanno già detto tutto subito, ripercorrendo la bellezza dei ricordi e dei momenti più gioiosi di una vita trascorsa sempre insieme. Quelli del 1982 e del 2006 arrivano quando la camera ardente sta per chiudere e tirano dritti, di fronte a una trappola di microfoni che stavolta restano muti. Il ct Luciano Spalletti ci pensa due o tre volte prima di trovare il coraggio di raccontare in diretta i sentimenti di un giorno così triste. «Aveva il cannocchiale nel suo piede sinistro e riusciva a mettere il bersaglio nell'obiettivo. Gigi ha sempre lavorato pensando di far star bene gli altri prima che se stesso. È stato un supereroe silenzioso e discreto. Il suo calcio e la sua forza morale sapevano comunicare più di mille parole». L'ora di uscire dallo stadio per l'ultima volta arriva troppo in fretta. E il quinto moro del grande calcio si lascia alle spalle il Sant'Elia, ripassa davanti allo storico Amsicora e attraversa la grande scalinata di Bonaria, dove in tanti erano seduti fin dal mattino. Ma qui si prova a non pensare che quel campione non ci sia davvero più. Tempi verbali al presente e ragionamenti che lo rendono eterno. «Corri ancora Gigi - gli chiede dal pulpito monsignor Giuseppe Baturi - Alza le braccia al cielo, regalaci qualche altra rovesciata, come quella di Vicenza».

LA PROMESSA DI TUTTI

Tra mille anni in Sardegna ci saranno ancora piazze e vie dedicate a Gigi Riva. Ed è la promessa che gli fanno tutti, quando Buffon, Peruzzi, Cannavaro, Zola, Copparoni, Tomasini, Perrotta e Amelia accompagnano quella bara e la consegnano a una folla che aspettava da ore di rompere il silenzio. L'orizzonte del Golfo degli Angeli è rosso fuoco, il mare s'ingrossa di lacrime, sull'acqua si specchia un raggio che diventa potentissimo e persino le barche si sono schierate davanti alla chiesa per tributare l'omaggio dei marinai e dei pescatori. «Un Gigi Riva, c'è solo un Gigi Riva», gridano gli Sconvolts e a ogni passo di una processione di orgoglio si sente un ringraziamento detto con parole diverse: «Amaci ancora, noi sardi ce lo meritiamo».
Nicola Pinna
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Ultimo aggiornamento: 10:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA