«Vorrei incontrare sua mamma perché io so cosa sta provando»

Martedì 20 Ottobre 2020
LA TESTIMONIANZA
SAN DONA' DI PIAVE «Vorrei incontrare questa mamma e poterle parlare. Ora è giusto che sfoghi tutto il suo dolore, ma poi pensi ad andare avanti come avrebbe fatto il figlio: sarà il modo per continuare a farlo vivere con noi». Romina Ceccato è la mamma di Riccardo Laugeni, il giovane tragicamente deceduto assieme a Giovanni Mattiuzzo, Leonardo Girardi ed Eleonora Frasson, nel terribile incidente di metà luglio del 2019. Fin da subito si è mobilitata per creare una realtà che potesse aiutare i genitori che, come quelli dei quattro ragazzi, hanno visto i figli strappati alla vita, oltre che per battersi per migliorare le condizioni delle strade.
LUCI SULLA BUONA STRADA
L'associazione si chiama AlbaLuci sulla buona strada. Lo scopo è «quello di aprire il proprio cuore, nel poter aiutare, con la propria vicinanza, e condividere il ricordo e la sofferenza che abbiamo provato noi con altre persone». «Ho iniziato, come mi aveva consigliato il presidente del Veneto Luca Zaia spiega la signora Aurora avviando questa associazione, che sta operando con l'aiuto di tanti ragazzi. Apriremo degli sportelli, che avranno anche la collaborazioni di professionisti, anche avvocati, che ci potranno dare dei consigli. Lavoreremo anche con dei progetti per le autoscuole. In questo periodo ho girato tutta la Marca Trevigiana, perché i sindaci mi hanno chiamato per spiegare loro come operare in questo ambito. Voglio condividere la sofferenza delle mamme che hanno perso un figlio, perché è difficile accettare di non vedere più tornare a casa il proprio ragazzo. Così come dobbiamo lavorare per riuscire a cambiare alcune cose importanti: dagli aspetti legislativi (vedi le sentenze sugli incidenti), al miglioramento delle condizioni delle strade per metterle in sicurezza e per fare in modo che si eviti che la gente corra».
La signora Romina, pensando alla mamma di Nicolò Minello, esprime subito il desiderio di incontrarla. «Lo vorrei fare quanto prima. Ho già potuto verificare che riesco a trasmettere qualcosa di diverso rispetto ad altre persone, avendo provato già questa tragedia, e so cosa sta passando e anche cosa sta pensando. Alle persone che le stanno accanto dico di non impedirle di gridare tutta la sua rabbia, tutto il suo dolore, di dire anche cose come Perché Signore non hai preso me?, Fammi morire E' normale. Questo è un dolore molto più grande di una perdita per malattia, perché è uno strappo, da noi, dalla vita. Però le dico, anche se ora è ancora presto per capirlo e comprenderlo, di guardare alle cose belle che il figlio voleva e di farle, anche le piccole cose. E allora, come si fa a sopravvivere (perché di questo si tratta, sopravvivere e non più vivere)? L'unica risposta è: ricordando chi era e cosa gli piaceva fare. Questo è l'unico modo per non farlo morire una seconda volta. Rialzarci, imparare a sopravvivere e sopravvivendo lottare perché queste cose, questi cambiamenti, questa strada brutta che vediamo sempre scura e con sangue, si trasformi in un altro tipo di strada. E' difficile adesso per lei, perché è appena accaduto. Però dico: le persone che ti stanno vicino ti possono aiutare fino ad un certo punto, perché è difficile mettere in pratica questi pensieri. E potrai farlo quando riuscirai a capire che il figlio ti avrebbe voluto con il sorriso. E ricordare anche le piccole cose, anche le battute che faceva. Non impediamo a questi genitori di farlo, perché è unico modo per tenere vivo il ricordo e sopravvivere al grande dolore».
F.Cib.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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