LA SENTENZA
TREVISO Un colpo improvviso alle spalle, l'impatto con un auto e

Sabato 18 Novembre 2017
LA SENTENZA
TREVISO Un colpo improvviso alle spalle, l'impatto con un auto e il volo giù dal cavalcavia di San Giuseppe, dopo una serata di musica e allegria trascorsa con la moglie. Una caduta tragica che non ha lasciato scampo al 37enne Enrico Scarabello, commerciante di Carbonera. A più di due anni dalla sera del 3 settembre del 2015 in cui il 38enne ha perso la vita, ieri è arrivata la sentenza nel processo a Federica Dametto, la barista 39enne di Casier che si trovava alla guida della Rover che ha centrato in pieno Scarabello e la moglie Elisa Zanardo. Quattro anni e 6 mesi di reclusione, questa la pena inflitta dal giudice Cristian Vettoruzzo al termine di quasi un'ora di camera di consiglio, arrivata dopo l'udienza durata più di tre ore.
COLPEVOLE
La Dametto esce quindi dal primo grado colpevole di omicidio colposo, omissione di soccorso, guida in stato di ebbrezza e sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. I suoi avvocati hanno annunciato che ricorreranno in appello. Il pubblico Ministero Barbara Sabattini, nelle sue conclusioni, aveva chiesto 7 anni e 5 mesi per la 39enne che si era messa alla guida con un tasso alcolemico sei volte superiore al consentito. Un valore, quel 3.1 risultato dagli esami condotti la sera stessa dell'incidente in Ospedale, che è l'anticamera del coma etilico. Non solo. Federica Dametto era anche sotto l'effetto del metadone e di una sostanza sintetica, l'Eddp, un derivato del metadone.
IL DRAMMA
Quella sera del 3 settembre aveva preso la salita del cavalcavia di San Giuseppe in direzione Treviso proprio mentre, a destra, salivano lungo la strada a piedi Enrico Scarabello e la moglie Elisa Zanardo. Secondo la ricostruzione della Procura la Dametto, ubriaca e con l'attenzione annebbiata da metadone e Eddp, zigzagava con l'auto in preda ad uno stato di incoscienza. La sua Rover75 avrebbe quindi percorso la salita troppo a destra, centrando così i due pedoni. Nell'impatto la Zanardo viene colpita ad un braccio, Scaraballo invece è centrato in pieno. L'impatto è talmente forte e violento che lo fa sbalzare oltre il guardrail, facendolo precipitare giù dal sovrappasso. Le lesioni riportate nell'impatto con il suolo gli risulteranno fatali. La Dametto, invece di fermarsi, dopo l'incidente prosegue la sua corsa. I carabinieri di Treviso, accorsi sul posto e alla caccia del pirata della strada, la ritroveranno poco dopo quasi mezzo chilometri più avanti, in Via Cattaneo. È dentro alla vettura ferma, riversa sul volante.
L'UDIENZA
Nell'udienza di ieri la difesa della 39enne, rappresentata dagli avvocati Fabio Capraro Enrico Fava, ha provato a giocarsi l'ultima carta: quella dell'irregolarità della segnaletica lungo il cavalcavia e soprattutto dell'altezza non regolamentare del guardrail di protezione. Sul banco dei testimoni sono sfilati il comandante del vigili urbani in servizio al tempo dei fatti, Roberto Manfredonia, e l'attuale capo della Polizia Locale Maurizio Tondato. La strategia dei legali della Dametto, puntare il dito su protezioni e segnaletica, ne è uscita depotenziata. Così come la tesi secondo cui la Zanardo e il marito stessero camminando affiancati, che non ha convinto. Per il pubblico ministero Sabbattini è evidente il nesso fra le condizioni della Dametto e l'incidente. Con in più l'aggravante di non essersi fermata a prestare soccorso ma aver proseguito la corsa dell'auto dopo un brevissimo stop. «Non si era accorta di nulla» è stata la replica della difesa. «Si è fermata e poi è ripartita» ha ribattuto la pubblica accusa. Dopo tre ore di battaglia in aula il giudice ha deciso in 60 minuti: colpevole.
Denis Barea
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