L'OMAGGIO
PADOVA «Apparteneva alla Polizia di stato, fu condannato a morte

Venerdì 26 Aprile 2019
L'OMAGGIO
PADOVA «Apparteneva alla Polizia di stato, fu condannato a morte dal regime e liberato proprio il 25 aprile 1945. La sua fedeltà all'Italia non gli permise di piegarsi e accettare disposizioni che andassero contro i cittadini». Nel suo discorso per celebrare il 25 aprile, la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati sceglie di ricordare la figura del proprio padre. Lo fa salendo sul palco in centro a Padova, la sua città: «Il ricordo di mio padre fu per me e per i miei fratelli la migliore educazione alla tolleranza, al rispetto, alla pace. La liberazione è frutto di tante storie come questa».
«Nel 1945 - dice la seconda carica dello Stato guardando fieramente l'ingresso del Bo - il simbolo della nostra città fu l'università, presidio di eroica resistenza. Vorrei dedicare la ricorrenza che celebriamo oggi ai giovani, a coloro che rappresentano il presente e il futuro». Pensa ai giovani anche il sindaco di Padova Sergio Giordani: «C'è il rischio che questa memoria si perda con il passare degli anni e, duole dirlo, con un insegnamento nelle scuole che dedica poco tempo a questo periodo della nostra storia recente. La memoria va trasmessa».
LA POLEMICA
Liti e polemiche invece a Este, nella Bassa Padovana: un gruppo di persone (tra cui esponenti del Pd, rappresentanti di Libera, Anpi e associazioni locali) intona Bella ciao, il sindaco che stava per prendere la parola si indigna e si toglie la fascia tricolore. «Visto che le mie parole di unità non sono state ascoltate mi tolgo la fascia» dichiara Roberta Gallana alzando la voce al microfono per sovrastare il canto. Lo stesso fa anche il presidente del consiglio comunale Roberto Trevisan, abbandonando la commemorazione. «Hanno mancato di rispetto alle istituzioni presenti cantando mentre io parlavo» afferma il sindaco puntando il dito contro il Pd, che replica contestando il gesto: «Una scena mai vista». Il presidente dell'Anpi Felice Gambarin allarga le braccia: «Non volevamo mancare di rispetto, ma riaffermare il valore di un canto di pace e democrazia. Bella ciao è l'inno della Liberazione. Lo abbiamo intonato quando pensavamo che gli interventi fossero conclusi».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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