IL CASO
ROVIGO Fatture false per 20 milioni per non pagare le tasse e proporre

Domenica 14 Aprile 2019
IL CASO
ROVIGO Fatture false per 20 milioni per non pagare le tasse e proporre nel mercato auto e bevande a prezzi molto più vantaggiosi rispetto a quelli dei concorrenti. Un gioco costato l'arresto a tre imprenditori del Basso Polesine, smascherati dalla Guardia di Finanza.
GLI ARRESTI
Venerdì mattina sono scattate le manette per Davide Gulmini di Porto Viro, Edoardo Manzolli e Paolo Zanellato, entrambi di Adria. Tutti e tre adesso si trovano agli arresti domiciliari. Gli uomini delle Fiamme gialle della tenenza di Adria hanno dato esecuzione alle tre ordinanze di custodia cautelare emesse dalla procura di Rovigo nei confronti degli imprenditori, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e autoriciclaggio di denaro. A questo proposito, la magistratura, oltre alle misure restrittive, ha anche disposto il sequestro preventivo di 80mila euro, la somma riciclata che i tre si sarebbero spartiti.
L'INCHIESTA
Le indagini, partite nel 2018, avevano già portato alla denuncia di ben undici persone e al sequestro, a luglio dell'anno scorso, di 467mila euro depositati su conti bancari. Le perquisizioni effettuate hanno permesso agli inquirenti di approfondire le indagini, arrivando al sequestro dei giorni scorsi. Il meccanismo attuato dal sodalizio criminale era piuttosto complesso, come hanno sottolineato gli stessi inquirenti, e passava attraverso una serie di società fittizie attive nella grande distribuzione e nella vendita delle auto alle concessionarie. All'acquirente finale la merce arrivava a prezzi vantaggiosi, più bassi rispetto a quelli della concorrenza perché il costo di auto e bevande non era appesantito dall'Iva. Lo stratagemma escogitato per non pagarla era ricorrere a società cartiere (le cosiddette missing traders) e società filtro intermedie (chiamate buffer) intestate a prestanome. La funzione di queste società fittizie era accumulare l'Iva, evitare di versarla e poi chiudere i battenti, scomparendo prima di incappare nelle sanzioni. Il gioco delle scatole societarie rendeva difficile, quindi, la ricostruzione della filiera e di conseguenza i controlli tributari.
I MOVIMENTI DI SOLDI
I tre imprenditori gestivano i propri affari in una sede anonima non dichiarata al fisco, che però non è sfuggita all'occhio attento dei finanzieri di Adria. Tra le teste di legno cui erano intestate le società ci sarebbero persone sia di Rovigo che di Ferrara. Le indagini, che hanno consentito di ricostruire un giro di fatture false per circa 20 milioni di euro, sono state condotte anche attraverso un'accurata disamina delle movimentazioni finanziarie della compagine criminale e delle società collegate. Le Fiamme gialle sono riuscite a ricostruire diverse operazioni finanziarie con paesi comunitari, principalmente l'Olanda, il cui unico scopo era il riciclaggio dei proventi illeciti generati dall'evasione.
DANNI ALL'ERARIO
I capi dell'organizzazione finiti in manette facevano uscire capitali dai conti correnti societari in modo apparentemente legale, eliminando le tracce della loro provenienza delittuosa e spartendosi i proventi illeciti. Vittime dirette del meccanismo non erano i consumatori finali né i rivenditori al dettaglio, ma lo Stato, che non avrebbe incassato l'Iva. Il danno si è riversato quindi sulla collettività, visto che la mancanza di entrate si traduce in un taglio ai servizi o in un inasprimento della pressione fiscale. Non solo: attraverso la concorrenza sleale anche gli altri operatori economici hanno fatto le spese questo sistema criminale.
Adesso Gulmini, Manzolli e Zanellato sono stati arrestati e si trovano ai domiciliari nelle rispettive abitazioni, ma le indagini della Guardia di Finanza non si fermano qui: gli accertamenti sono tuttora in corso per far luce sulle altre maglie di questa rete criminale.
Maria Elena Pattaro
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