I conti pubblici

Giovedì 21 Febbraio 2019
LE PREVISIONI
ROMA Una manovra correttiva? Per il governo è «prematuro» parlarne. È stato lo stesso Giovanni Tria a esporre in Parlamento la linea dell'esecutivo, rispondendo ai quesiti posti da alcuni deputati del Pd. Il ministro ha innanzitutto confermato che il Documento di economia e finanza sarà presentato nei termini previsti dalla legge ossia entro il prossimo 10 aprile. In quel testo l'esecutivo rivedrà la stima di crescita per il 2019, oltre a impostare il quadro macroeconomico e di finanza pubblica per gli anni successivi. Si parte da quell'1 per cento di incremento del Pil che appare già poco realistico rispetto alle valutazioni dei principali previsori italiani e mondiali. Per avere un'idea di come a livello internazionale sia valutata la situazione del nostro Paese sono sufficienti le parole pronunciate ieri da Bruno Le Maire, ministro delle Finanze francese. «Non bisogna sottovalutare l'impatto della recessione in Italia - ha detto - parliamo tanto di Brexit ma non abbastanza della recessione in Italia, che avrà un impatto significativo sulla crescita nell'Eurozona e potrà pesare sulla Francia perché è uno dei nostri principali partner commerciali». I due ministri si incontreranno la settimana prossima a Parigi.
IL DEFICIT
Ieri però Tria ha spiegato di «augurarsi» che non ci sia bisogno di rivedere il numero usato come base per la legge di Bilancio, che già era stato corretto rispetto alla più ottimistica assunzione di un tasso di crescita dell'1,5 per cento. La domanda naturalmente è se ciò comporterà la necessità di compensare il peggioramento del disavanzo. Secondo il ministro, questo potrebbe non essere necessario perché «gli obiettivi di finanza pubblica sono definiti in termini di variazione del saldo netto strutturale, depurato cioè dagli effetti del ciclo e delle misure una tantum». In altre parole, siccome il saldo strutturale (che l'Italia si è impegnata a mantenere sostanzialmente stabile) incorpora già per definizione l'effetto della congiuntura economica negativa, allora non ci sarebbe bisogno di fare uno sforzo aggiuntivo; che anzi avrebbe conseguenze negative andando a peggiorare ulteriormente la situazione. Fin qui la teoria. Lo stesso Tria però non ha escluso che possa essere rivista «la proiezione del saldo di bilancio», ovvero il deficit. Ma solo se ciò dovrà avvenire per altri motivi, indipendenti dall'andamento dell'economia. Il governo si impegna insomma a contenere eventuali sforamenti derivanti ad esempio da maggiori spese connesse alle misure adottate. Per questo tra l'altro esiste una «riserva» di due miliardi, gli stanziamenti dei ministeri già congelati. Secondo il ministro questi margini appaiono al momento «più che sufficienti». Il prossimo appuntamento di verifica con la commissione europea è fissato nel mese di maggio, ovvero immediatamente a ridosso del voto per il Parlamento europeo.
I MERCATI
In questo contesto è improbabile che la richiesta di manovra correttiva venga in forma pressanti da Bruxelles; il governo italiano potrebbe anche decidere di attendere, puntando sull'effetto degli investimenti in programma (proprio ieri il presidente del Consiglio ha annunciato di aver firmato i decreti per il piano nazionale contro il rischio idrogeologico e per l'avvio delle cabine di regia Strategia Italia e Investitalia). La situazione sarebbe diversa però in caso di rendimenti dei titoli di Stato in forte crescita e conseguenti turbolenze sui mercati. In quel caso mantenere il deficit nominale al 2 per cento del Pil potrebbe essere una necessità. Una crescita effettiva dello 0,2% (è la stima della Ue) comporterebbe sulla carta un maggior disavanzo pari a circa 7 miliardi: anche ipotizzando il ricorso al cuscinetto evocato da Tria, resterebbero in ballo almeno altri 4-5 miliardi.
Luca Cifoni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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