Enrico Vanzina, un libro d'amore per il fratello Carlo

Domenica 22 Settembre 2019
Enrico Vanzina, un libro d'amore per il fratello Carlo
IL RICORDO
PORDENONE «Questo per me è un libro speciale, l'ho scritto di getto, sentivo che era Carlo a guidarmi, è stato il suo ultimo regalo per me»: così Enrico Vanzina, sceneggiatore e scrittore ha definito la sua ultima fatica letteraria, Mio fratello Carlo edito da Harper Collins, che ha presentato ieri mattina assieme a Gloria De Antoni.
Un libro, a sentire i lettori, che si legge d'un fiato e che ha l'andamento di un film. Un libro, ancora, in una certa misura terapeutico per l'autore che doveva elaborare il lutto per la perdita del fratello. È commosso Enrico mentre racconta del fratello e a ogni presentazione, il dolore che sembrava assopito si ripresenta acuto: «Carlo - racconta - era un uomo profondo, gentile, educato, coltissimo, che ha affrontato questo suo ultimo film della vita da grande personaggio. Un altro lato di Carlo che me lo rende speciale. Il libro è duro, crudele, molto vero. Quello della malattia oncologica è un problema che riguarda direttamente o indirettamente un po' tutti e questa è la cronaca spietata di ciò che accade in una famiglia. Antonio Manzini ha detto che è la più bella storia d'amore che ho scritto, e il libro va letto proprio come una storia d'amore, al centro della quale c'è il peso dei ricordi della famiglia, un'entità che si consolida proprio nei momenti più difficili e drammatici».
DALLA FAMIGLIA AL SET
Poi i ricordi personali lasciano spazio a quelli professionali: i Vanzina hanno fatto più di 60 film assieme (Enrico da solo ne ha sceneggiati più di cento), un cinema popolare il loro, dove c'è un po' di tutto e proprio per questo molto amato dal pubblico e quando Carlo è morto il pubblico ha percepito che se n'era andato un «uomo per bene, cosa rara in questa Italia che crolla a pezzi» afferma Enrico. Un rapporto, quello dei due fratelli Vanzina, che se sul piano professionale li ha visti sempre d'accordo, su quello privato ha avuto almeno un momento di contrapposizione: «A un certo punto della mia vita - dice Enrico - mi sono allontanato dalla mia famiglia. Carlo la prese malissimo e mi criticò aspramente, prendendo decisamente le parti di mia moglie».
E poi altri ricordi legati al cinema: Carlo amava ricordare Billy Wilder, che quando aveva qualche dubbio su una scena pensava al suo amato Lubitsch chiedendosi come l'avrebbe girata il grande maestro. «Ecco, io penso a come Carlo avrebbe girato il film della sua vita o come avrebbe scritto questo libro».
IL DISPIACERE
Infine qualche considerazione sul cinema di oggi: «Uno dei dispiaceri miei e di Carlo è di non aver mai fatto un film con il nostro amico Carlo Verdone. Nella vita siamo stati molto fortunati, sarebbe ingiusto da parte mia lamentarmi. C'è una cosa però che avremmo voluto fare Carlo e io: girare un western all'italiana sull'ultimo soggetto scritto da Sergio Leone, Colt, ovvero la storia di una pistola che passa di mano in mano, ma non ci siamo riusciti. Oggi il cinema italiano è cambiato: i produttori per risparmiare fanno dirigere i film agli stessi attori. Non sempre si può essere sceneggiatori, registi, interpreti. Un tempo le sale cinematografiche era grandi e sempre piene, oggi abbiamo salette da 30 posti e quasi sempre vuote».
E prosegue: «Quando vado a passeggiare con Carlo Verdone - l'unica vera amicizia che ho nel nostro ambiente così difficile - ci divertiamo a fare queste considerazioni e a pensare al cinema di un tempo». E conclude: «Hitchcock diceva che i film sono la vita con le parti noiose tagliate. Mi pare che la morte abbia la stessa funzione rispetto a quello che ci lasciano le persone che abbiamo accanto. Quando muoiono rimane la loro essenza, rimangono i dettagli che fanno quella persona».
Ni.Na.  
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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