Regalìe
L'ozio non è
una virtù
Una supplica a quelli che

Sabato 14 Luglio 2018
Regalìe
L'ozio non è
una virtù
Una supplica a quelli che ci governano: non ricorrete ad altro deficit per dar corso alle promesse elettorali, ma puntate sulla razionalizzazione della spesa in modo efficace per recuperare risorse, che a volerlo sono molte. Se mai decideste di applicare altri balzelli per far fronte al fabbisogno, colpite i pingui forzieri che non sono pochi, anche se si dimostreranno recalcitranti a fornire aiuti, e lasciate in pace la platea di sventurati per fare cassa con la legge dei numeri. Assumetevi la responsabilità di dare l'esempio, prima di prendere iniziative contraddittorie e dannose come quelle del passato. Guidare un paese è un'impresa che richiede competenza per far funzionare a dovere meccanismi complessi in funzione degli interessi del paese, e non di pochi potentati. Non lusingate il consenso elargendo bonus, ma promuovete il lavoro con ogni mezzo, se aspirate a rivoluzionare quella parte del paese artatamente inerte in attesa di regalie. Non scambiate l'ozio per una virtù, degna di gratitudine, ma di piaga da sanare.
Renzo Nalon
Vitalizi
Gli impegnati
di un tempo
Dunque, come si evince da quanto riportato nel vostro giornale sui vitalizi tagliati - per ora alla Camera -, ex onorevoli veneti, da sempre impegnati sul fronte dei diritti umani o delle rivendicazioni dei lavoratori come Marco Boato, Laura Fincato, Luana Zanella ecc., percepiscono vitalizi, in alcuni casi, come Boato e Fincato, quasi da capogiro (per il capo almeno di un comune pensionato, a poco piu' di 1000 al mese). Come mai i predetti pensionati di lusso, che il lusso condannavano nelle loro precedenti vite da onorevoli, assumendo anche i modi di laici predicatori della frugalità, dell'amore e della tolleranza universali, che fecero ad esempio di una Fincato l'ideatrice del villaggio rom alle porte di Mestre, di Boato l'appassionato difensore dell'ambiente e dei diritti civili, della Zanella la pasionaria degli operai di Marghera in lotta, come mai i predetti si guardarono bene dal divulgare gli introiti mensili della loro quiescenza, non certo in linea con il loro credo precedente? Certo, era dura dire a un lavoratore, a un carcerato, a un mendicante: «Ci dispiace, ma i nostri privilegi non li possiamo spartire con te. Non è previsto dalle leggi...». Quelle leggi che loro un tempo volevano cambiare, con scioperi della fame od occupazioni di fabbriche.
Riccardo Gut
San Donà di Piave (Venezia)
Linguaggio politico
Da Cicerone
a Conte
Cicerone consule, Scipione duce. Espressioni che ai diversamente giovani come me fanno riaffiorare nostalgie e rimpianti dei tempi in cui ci si confrontava con lo studio della lingua latina, di cui l' ablativo assoluto era per molti un costrutto piuttosto ostico. La prima delle due espressioni, riferita a Cicerone, indica che nell'antica Roma i Consoli, massima magistratura della Res pubblica, davano il proprio nome all'anno in cui restavano in carica. Tale peculiarità viene indicata con il termine eponimo. Trasferendo con una evidente forzatura tale consuetudine ai giorni nostri, viene da chiedersi: l'attuale Governo flavus-viridis verrebbe indicato dai nostri padri latini con Conte consule, oppure, come appare ai più, con un bel Salvini-Di Maio consulibus?
Ivana Gobbo
Ipotesi
Tradimento
contro gli italiani
È ipotizzabile una accusa di alto tradimento per quei politici od amministratori che favoriscono l'immigrazione di clandestini senza titolo di accoglienza distogliendo risorse dal bilancio statale a detrimento degli oltre 5 milioni di poveri cittadini italiani?
Maurizio Manaigo
Padova
Vitalizi
Riflessioni
sulle pensioni
Come è possibile in un paese di principi liberali (ma forse su questo sbaglio) si considerino d'oro i redditi che sono solo due volte e mezza di quello (1638 ) che il più importante rappresentante dell'attuale classe politica considera minimo per condurre una vita appena dignitosa? Perché, se il problema è sociale, a parità di reddito, non ricade su tutti i cittadini ma solo sui pensionati? Durante la mia vita lavorativa, da lavoratore dipendente, ho versato una quantità rilevante di contributi allo Stato come IRPEF. Una buona parte di questi sono serviti a pagare pensioni di altri cittadini. A mio avviso questa parte dovrebbe essere computata per quello che effettivamente fu, ossia contributi previdenziali. E infine, a fronte di una riduzione della pensione, essendo cambiate le condizioni che mi hanno guidato nella scelta, vorrei poter scegliere di tornare, con pari ultime condizioni, a lavorare.
Andrea Gullino
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