Egregio direttore,
scrivo esprimendo solidarietà ai due sacerdoti trevigiani,

Domenica 23 Febbraio 2020
Egregio direttore,
scrivo esprimendo solidarietà ai due sacerdoti trevigiani, che conosco di persona, messi alla berlina dal sig. Gianbruno Cecchin con le sue asserzioni da alcuni giorni a questa parte. Aggiungo anche il profondo rammarico per la solerzia del suo giornale, alla pari di altri media, nel riportare subito come autentiche le affermazioni del sig. Cecchin. Nessun dubbio, nella raccolta dati da parte dei cronisti? Tutto chiaro, ordinato, preciso, comprovato? Vado, per paragone, al tono e modo ben diverso con cui avete trattato, tra fine gennaio e inizio febbraio, il delicato caso del signore millantante l'essere un superstite di Auschwitz. Lì c'è stata argomentazione inoppugnabile, espressa a più voci, sulla vicenda; incluse interviste via telefono o in casa dell'interessato. Qui, con i due preti, ben altro metodo e tenore: una concertazione accusatoria e colpevolistica nei loro confronti e nei confronti del Seminario Vescovile e della Curia di Treviso, a prescindere, fin dalle prime battute. Deontologia professionale, vorrebbe invece ben altro. Poi, ma solo nei giorni successive, le altre voci a loro sostegno. Un grande santo del 500, educatore che tolse dalla strada e salvò migliaia di giovani vite, Filippo Neri, ad una donna che in confessione aveva detto di essere portata alla calunnia facile, come penitenza diede non la consegna di recitare qualche preghiera, ma percorrere un certo tratto di strada sparpagliando le piume di una gallina e poi di ritornare su suoi passi e raccoglierle tutte. Ma è impossibile, padre!, commentò la donna. Per l'appunto...
Leopoldo Pincin
S. Biagio di Callalta

Caro lettore,
ogni notizia, vera o presunta che sia, ha la sua storia. Per smascherare il falso internato di Auschwitz abbiamo lavorato alcuni mesi, per raccogliere dati, testimonianze, fare verifiche. In questo caso non era possibile. C'è stata la lettera pubblica di denuncia di Cecchin per le presunte violenze da lui subite in seminario e, subito dopo, nella stessa giornata, una nota della Curia che annunciava di essere pronta a fare tutte le verifiche del caso. Il giorno successivo abbiamo pubblicato un'intervista al vescovo Pizziolo che si dichiarava incredulo dei fatti raccontati da Cecchin, ne confutava le affermazioni e prendeva le difese dei sacerdoti accusati. Quindi c'è stata la conferenza stampa di Cecchin in cui sono state mostrate le presunte lettere di minaccia che avrebbe ricevuto dai due sacerdoti nel caso avesse raccontato ciò che era accaduto, ovviamente secondo lui, in seminario. Solo successivamente è stata diffusa la lettera di solidarietà di oltre 150 ex seminaristi ai due preti accusati, in cui veniva sottolineata la loro integrità morale. Questi, messi in fila, sono i fatti. Da parte nostra non potevamo che registrarli. Con tutte le cautele e i distinguo del caso, come abbiamo del resto fatto. Ma, com'è evidente, non c'era la possibilità né il tempo per fare verifiche e per cercare riscontri sui fatti resi noti da Cecchin. Purtroppo talvolta anche i giornali sono, a loro volta, vittime dell'infernale circuito mediatico. La verifica puntuale di tutto ciò che scriviamo non è sempre realizzabile: deve essere un nostro costante obiettivo, sapendo però che non è sempre raggiungibile. Lei ci richiama alla nostra deontologia professionale. Ha ragione. Bisogna però sempre ricordare che il primo dovere di un giornalista è cercare e dare le notizie, non insabbiarle o censurarle. E le assicuro che non è affatto semplice. In questo come in altri casi.
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