Muhammad Ali, ai 9 figli 50 milioni di dollari

Lunedì 6 Giugno 2016 di Carlo Santi
Muhammad Ali, ai 9 figli 50 milioni di dollari
Un patrimonio di cinquanta milioni di dollari è l’eredità che Muhammad Ali ha lasciato ai suoi nove figli e all’ultima delle quattro mogli, Lonnie. Non è escluso che, nel dividere l’eredità, una parte non vada anche alle ex consorti e al fratello Rahaman Ali. A svelare il conto in banca di Ali è Forbes, la rivista che si occupa dei guadagni dei campioni. L’uomo che ha cambiato il pugilato diventando il primo peso massimo a conquistare per tre volte il titolo di campione del mondo (contro Liston nel 1964, contro Foreman nel 1974 e contro Leon Spinks nel 1978) quando era all’apice della sua carriera sul ring aveva borse importanti. Contro Larry Holmes, nel 1980, ha incassato 8 milioni di dollari, cifra da record per quel tempo, certo nulla a che vedere con gli oltre 200 milioni presi da Mayweather un anno fa. In seguito, lasciato il pugilato, Muhammad Ali ha gestito con grande cura gli sponsor e la sua immagine.

L’ULTIMA VOLTA IN PUBBLICO
L’impegno sociale di Muhammad Ali è andato oltre quello sportivo, che pure è stato immenso. La malattia, il morbo di Parkinson che lo ha colpito a metà degli anni Ottanta, ha frenato ma non annientato il suo spirito. La sua ultima apparizione in pubblico è stata lo scorso 9 aprile ad un evento di beneficenza a Phoenix, visto che viveva a Paradise Valley. Nel palazzo dello sport, dove si è svolta la cerimonia, Ali, accompagnato dalla moglie Lonnie Williams con la quale aveva adottato un figlio, è apparso indebolito. Aveva voluto esserci alla «Celebrity Fight Night», un evento annuale che è occasione per una raccolta fondi a favore della ricerca contro il Parkinson. Era tuttavia in evidenti difficoltà fisiche, sorretto per tutto il tempo e con il viso nascosto dietro un paio di occhiali scuri. Negli ultimi anni era stato ricoverato in ospedale più volte, ultima pochi giorni fa ma si era temuto il peggio a gennaio 2015 per una grave infezione alla vie urinarie.

Sempre attivo per predicare i suoi ideali, Ali è stato l’uomo che ha cambiato l’America, come gli ha riconosciuto il presidente Obama. «Perché tutti gli angeli sono bianchi, perché non c’è nessun angelo nero?», chiedeva in un sermone in una chiesa apostolica nel 1983, poco tempo prima di vedersi diagnosticare la terribile malattia. Nessuno lo ha mai fermato, lui vera icona della libertà e dei diritti. Negli ultimi anni, in quella che è considerata la terza vita di Muhammad Ali, appariva per sostenere il Muhammad Ali Centre, la sua fondazione contro il Parkinson.

UN IMPEGNO INCONDIZIONATO
Se nel 1996 ad Atlanta ha emozionato tutti, prima ultimo tedoforo per accendere il fuoco nello stadio Olimpico, poi al Georgia Dome - era il 3 agosto - quando il presidente del Cio, Juan Antonio Samaranch, nell’intervallo della finale di basket tra gli Stati Uniti e la Jugoslavia gli ha consegnato la copia della medaglia d’oro vinta a Roma 1960 che lui aveva perso - si è detto l’avesse gettata in un fiume - nel 2012 a Londra è apparso ben diverso. Nella cerimonia inaugurale ha trascinato per un metro la bandiera olimpica: era quasi immobile ma pur sempre una leggenda.

Lo hanno considerato un ribelle ma lui, ogni volta, ricordava: «Io sono l’America, sono quella parte che voi non volete riconoscere. Ma vi abituerete». Questo messaggio è rimasto vivo in lui fino all’ultimo istante della sua vita, anche nell’ultima uscita pubblica importante. Era l’8 dicembre dello scorso anno e Trump aveva invocato il “bando provvisorio” degli immigrati musulmani. Pronta la risposta di Ali: «Non c’è niente di islamico nell’uccisione di persone innocenti. I leader politici dovrebbero aiutare la gente a capirlo». Un’altra, ultima, lezione.

 
Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 15:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA