Veneto Banca, il balletto degli 800 milioni

Venerdì 23 Novembre 2018
Veneto Banca, il balletto degli 800 milioni
IL CRAC
VENEZIA Un anno per rettificare un lapsus da 800 milioni. Tanto è servito ai tre commissari liquidatori di Veneto Banca - Giuliana Scognamiglio, Alessandro Leprouux e Giuseppe Vidau - per correggere una dichiarazione resa davanti alla Commissione bicamerale d'inchiesta sulle crisi delle banche il 7 novembre del 2017. «La quantità dei crediti deteriorati di Veneto Banca ritornati in bonis o passibili di ritorno in bonis» non sono «di 800 milioni», ma «le posizioni in questione erano quantificabili nel numero di circa 800 (per un importo complessivo di 21 milioni)». «In tale dichiarazione, resa incidentalmente in risposta ad una domanda nell'operatività dei Commissari liquidatori, è contenuto infatti un riferimento erroneo, frutto di un evidente lapsus della dichiarante». La dichiarante in questione è la professoressa Giuliana Scognamiglio, nominata commissario liquidatore di Veneto Banca il 25 giugno del 2017.
La lettera di rettifica compare tra gli atti del processo d'appello sul fallimento di Veneto Banca in svolgimento a Venezia dopo il ricorso presentato dall'ex Ad Vincenzo Consoli. Ed è stata inviata alla Banca d'Italia il 19 novembre. Che ha depositato il tutto nei giorni scorsi, appena in tempo per l'udienza di ieri.
La Corte, presieduta da Mario Bazzo, ha abbozzato e si è riservata di decidere nei prossimi giorni se confermare la sentenza di fallimento decisa dal tribunale di Treviso, sconfessare quella decisione o chiedere una consulenza tecnica da parte di un esperto, un passaggio chiesto dagli avvocati di Consoli per verificare se al momento della liquidazione - 25 giugno 2017 - la banca fosse insolvente.
GIUDIZIO IN SOSPESO
«Un passaggio fondamentale che potrebbe portare la Procura di Treviso a contestare anche la bancarotta fraudolenta, che si prescrive tra 12 anni - spiega Giancarlo Buonocore, avvocato generale della Procura Generale di Venezia - altrimenti con i reati contestati attualmente a Treviso il processo penale sarebbe di fatto già compromesso. La lettera del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco conferma la nostra tesi: la banca nel giugno 2017 era in insolvenza. Per questo abbiamo chiesto alla Corte d'Appello di confermare la sentenza di primo grado». Una decisione è attesa entro un paio di settimane.
Ieri però è emerso un altro fatto a dir poco singolare. A un anno di distanza l commissari liquidatori di Veneto Banca hanno dovuto scrivere alla Banca d'Italia per correggere una dichiarazione resa alla commissione d'inchiesta bicamerale sul sistema bancario e finanziario il 7 novembre 2017 dalla loro collega professoressa Giuliana Scognamiglio. Dichiarazione resa a una Commissione con poteri inquirenti, ripresa in numerosi articoli di stampa e anche dai documenti della Commissione d'inchiesta sui crac delle Popolari del Consiglio Regionale del Veneto. Insomma, un documento pubblico, vidimato e riportato. E ci è voluto un anno per arrivare alla smentita? E perché mandarla alla Banca d'Italia e non direttamente ai giudici di Venezia? Possibile che l'avvocato e professoressa di Diritto all'università La Sapienza di Roma abbia fatto un errore così marchiano? A questo punto meglio consultare le carte: verba volant, come dicono anche i giuristi. «I beneficiari di fidi potranno essere supportati a rientrare in bonis?», chiedeva l'onorevole veneziano 5stelle Gianni Girotto. «Vi posso dire che, purtroppo, non ho a memoria il dato ma è di centinaia di milioni - la risposta della Scognamiglio alla Commissione bicamerale messa a verbale il 7 novembre -. Già in questi mesi credo 800 milioni scusatemi, non ho memoria per i numeri, come dicevo prima ai colleghi e questo dato l'ho dimenticato a casa di UTP sono rientrati in bonis. Questo mi è stato detto proprio in occasione, l'altro giorno a Milano, di una riunione che abbiamo tenuto nell'ambito della due diligence».
Perché è un punto così cruciale? Perché se in pochi mesi di commissariamento Veneto Banca fosse stata in grado di mettere di nuovo in attivo così tanti soldi, l'insolvenza del 25 giugno sarebbe stata impossibile visto che allora c'erano 1,7 miliardi di patrimonio e che la banca sarebbe fallita secondo il tribunale di Treviso per un passivo di 538 milioni, per giunta dovuto ai 2,3 miliardi versati a banca Intesa per salvare le parti attive dell'istituto. Soldi che la liquidazione dovrebbe ridare allo Stato. «In ogni caso per noi Veneto Banca quel giorno non era insolvente - ribadisce l'avvocato di Consoli, Sirio D'Amanzo - gli accantonamenti effettuati avevano portato i crediti deteriorati (sofferenze e utp) a 4 miliardi. Difficile pensare che tutti fossero completamente perduti». Toccherà ai giudici deciderlo.
Maurizio Crema
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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