IL VERTICE
PARIGI Greta e la Regina potrebbero avere drammaticamente ragione: il summit dell'ultima chance per il pianeta Terra potrebbe risolversi in un terribile «bla-bla», in un «biglietto di sola andata verso il disastro» come ha dichiarato non meno brutalmente il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres. Ieri, ad alimentare il pessimismo sulla COP26 che riunirà da domenica prossima a Glasgow 196 paesi, 120 capi di stato e 30mila delegati, è stato lo stesso presidente del vertice, l'ex ministro britannico Alok Sharma: «il nostro compito è duro», raggiungere un accordo sul clima «sarà decisamente più difficile» di quanto lo fu a Parigi sei anni fa. La missione dei leader mondiali riuniti dal 31 ottobre in Scozia è però proprio quella di concretizzare gli impegni presi alla Cop25, quando Macron riuscì a strappare un sofferto sì di tutti a limitare il riscaldamento globale a 1,5 grandi in più rispetto all'era preindustriale. Da allora l'obiettivo è diventato un miraggio: secondo un recente rapporto dell'Onu, se si va avanti così alla fine del secolo saremo a più 2,7 gradi, un disastro globale. A Glasgow, i leader mondiali sono chiamati a presentare una road map corretta e più ambiziosa di quella fissata nel 2015 per reimpostare le loro produzioni e rendere di nuovo immaginabili gli obiettivi climatici. Ma dopo un anno e mezzo di pandemia e la priorità di rilanciare le economie, in un contesto geopolitico a livelli di guerra fredda, l'allineamento dei pianeti che aveva reso possibile l'accordo di Parigi pure insufficiente - sembra appartenere a una remota epoca d'oro. Le defezioni annunciate del presidente russo Vladimir Putin e del leader cinese Xi Jinping, confermano, se mai ce ne fosse stato bisogno, le reticenze di due giganti inquinatori a intervenire in modo drastico sulle loro emissioni di gas a effetto serra.
Francesca Pierantozzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA PARIGI Greta e la Regina potrebbero avere drammaticamente ragione: il summit dell'ultima chance per il pianeta Terra potrebbe risolversi in un terribile «bla-bla», in un «biglietto di sola andata verso il disastro» come ha dichiarato non meno brutalmente il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres. Ieri, ad alimentare il pessimismo sulla COP26 che riunirà da domenica prossima a Glasgow 196 paesi, 120 capi di stato e 30mila delegati, è stato lo stesso presidente del vertice, l'ex ministro britannico Alok Sharma: «il nostro compito è duro», raggiungere un accordo sul clima «sarà decisamente più difficile» di quanto lo fu a Parigi sei anni fa. La missione dei leader mondiali riuniti dal 31 ottobre in Scozia è però proprio quella di concretizzare gli impegni presi alla Cop25, quando Macron riuscì a strappare un sofferto sì di tutti a limitare il riscaldamento globale a 1,5 grandi in più rispetto all'era preindustriale. Da allora l'obiettivo è diventato un miraggio: secondo un recente rapporto dell'Onu, se si va avanti così alla fine del secolo saremo a più 2,7 gradi, un disastro globale. A Glasgow, i leader mondiali sono chiamati a presentare una road map corretta e più ambiziosa di quella fissata nel 2015 per reimpostare le loro produzioni e rendere di nuovo immaginabili gli obiettivi climatici. Ma dopo un anno e mezzo di pandemia e la priorità di rilanciare le economie, in un contesto geopolitico a livelli di guerra fredda, l'allineamento dei pianeti che aveva reso possibile l'accordo di Parigi pure insufficiente - sembra appartenere a una remota epoca d'oro. Le defezioni annunciate del presidente russo Vladimir Putin e del leader cinese Xi Jinping, confermano, se mai ce ne fosse stato bisogno, le reticenze di due giganti inquinatori a intervenire in modo drastico sulle loro emissioni di gas a effetto serra.
Francesca Pierantozzi
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