Chiusure festive: grande distribuzione in allarme, a rischio 400.000 posti

Sabato 14 Luglio 2018
IL CASO
ROMA Le imprese della grande distribuzione sono decisamente contrarie all'idea di una stretta sulle aperture domenicali e festive dei negozi, contenuta in due disegni di legge gemelli di Movimento Cinque Stelle e Lega.
I testi messi a punto già nella scorsa legislatura sono stati ripresentati nelle competenti commissioni parlamentari. Una mossa che evidenzia come sul punto vi sia una convergenza quasi totale tra i due azionisti della maggioranza di governo, che invece sono divisi o comunque non perfettamente sulla stessa linea su altri temi, dall'immigrazione ai contratti di lavoro.
Obiettivo dei provvedimenti è una drastica marcia indietro rispetto alla liberalizzazione di questo settore che era stata avviata dal governo Monti.
Chi si oppone a quel modello lamenta da una parte il sacrificio imposto ai lavoratori del settore, dall'altra il fatto che un assetto di questo tipo favorisce le grandi catene a scapito degli esercizi più piccoli. I favorevoli evidenziano invece le ripercussioni complessivamente positive sull'andamento generale delle vendite.
I CRITERI
«Le aziende saranno costrette a licenziare, l'intero comparto perderà 400 mila posti di lavoro e il 10% del fatturato, significherebbe quindi perdere il 15% della forza lavoro» ha spiegato Mario Resca, presidente di Confimprese. Per Confimprese non basta certo il fatto che nelle proposte siano state incluse eccezioni per le città turistiche. «Quali sono i criteri - si è chiesto Resca - per stabilire le città a vocazione turistica? Gli acquisti non sono di necessità ma di impulso, la gente consuma se ne ha l'opportunità, ma se i negozi sono chiusi rinuncia e non compra».
Sulla stessa linea Conad, che esprime netta contrarietà all'ipotesi di una revisione dell'attuale normativa. La posizione è espressa in una nota l'Associazione nazionale cooperative dettaglianti Ancd/Conad.
MEDIAZIONE
«La legge approvata dalla Camera e attualmente giacente al Senato è già frutto di una mediazione, raggiunta con il doppio obiettivo di tutelare i diritti dei lavoratori da una parte, e la concorrenza e la libertà d'impresa dall'altra - si legge nel testo - fare un passo indietro rispetto a quanto già stabilito dalle norme in vigore, proprio in un momento in cui la distribuzione organizzata subisce la concorrenza sleale dell'e-commerce, significherebbe mettere a rischio migliaia di posti di lavoro e privare i cittadini di un servizio prezioso». Ancd/Conad «invita pertanto il governo a riflettere su questo tema, ascoltando tutti i soggetti coinvolti».
Si differenza invece il mondo delle cooperative, che chiede «un nuovo equilibrio tra le esigenze dei consumatori e quelle dei lavoratori». Ne ha parlato Stefano Bassi, il presidente di Ancc-Coop (l'associazione nazionale delle cooperative di consumatori), che si è mostrato anche più esplicito spieg:ando di «condividere quanto già proposto dal vice presidente Luigi Di Maio».
GLI EFFETTI
Anche Confcommercio si esprime a favore di una regolamentazione ma «minima» delle aperture anche perché: «la deregolamentazione totale degli ultimi anni non ha prodotto particolari effetti sui consumi e sull'occupazione, né ha incrementato la concorrenzialità del settore».
L.Ci.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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