«Un boato assordante e poi la scossa: è stato davvero spaventoso».

Martedì 7 Agosto 2018
«Un boato assordante e poi la scossa: è stato davvero spaventoso».
«Un boato assordante e poi la scossa: è stato davvero spaventoso». Aldo Montano, schermidore e medaglia d'oro ai Giochi olimpici di Atene del 2004, domenica si trovava insieme alla moglie Olga Plachina, su uno degli atolli indonesiani. Fortunatamente ne sono usciti illesi, ma il campione livornese ha vissuto ore di terrore: prima la fuga disperata e l'allarme tsunami, poi la notte passata al buio mentre le scosse continuavano a scuotere la piccola isola di Gili Trawangan. Infine l'odissea per raggiungere Lombok e l'aeroporto di Bali.
Dove vi trovavate quando la terra ha iniziato a tremare?
«Eravamo alle isole Gili Trawangan, che sono degli atolli microscopici di 6 km di circonferenza, praticamente attaccate all'epicentro. Per fortuna ci trovavamo all'aperto perché stavamo cenando fuori da un ristorante. C'è stato un boato assordante e poi la scossa, a quel punto è scoppiato il panico, anche perché non c'era nessuno che fosse pronto: non c'era una guida o un piano di emergenza. Per fortuna il ristorante non è crollato, mentre l'albergo in parte sì. Dopo la prima scossa di terremoto pensavamo che il peggio fosse passato. Poi l'allarme tsunami, che ci ha gettati di nuovo nella paura. A tutti sono tornate in mente le immagini degli tsunami in Giappone, Thailandia e dell'Indonesia di qualche anno fa. Eravamo davvero terrorizzati».
Quindi cosa avete fatto? Nessuno vi ha dato indicazioni?
«Ci guardavamo intorno e vedevamo gruppi di gente che vagava senza sapere dove andare. Alla fine abbiamo trovato questo gruppetto di 4 italiani e ci siamo uniti a loro. Abbiamo dovuto arrangiarci, così ci siamo accampati su una collina e lì abbiamo aspettato che la notte passasse. Però era interminabile, ci sono state centinaia di scosse ed eravamo completamente al buio. Avevamo solo le torce dei telefonini per fare un po' di luce. È stato davvero spaventoso perché era tutto abbandonato al caso, anche la Farnesina non ci ha aiutato molto».
Non eravate in contatto con l'Unità di crisi della Farnesina?
«Nessun italiano ha avuto grandi contatti, ci hanno solo dato i numeri di telefono del consolato italiano a Bali e dell'ambasciata italiana a Giacarta (la capitale indonesiana a circa mille chilometri da Lombok ndr). Non hanno risposto per tutta la sera. Gli italiani qui si sono dovuti arrangiare per fuggire dall'isola. Così questa mattina (ieri ndr) all'alba tutti quelli che si trovavano a Trawangan si sono riversati sul molo per cercare di prendere una delle barchette usate per spostarsi da un'isola all'altra. Le hanno prese d'assalto. Era surreale, sembravano scene apocalittiche».
Però alla fine siete riusciti a rientrare a Bali.
«Solo alle 13 ho raggiunto l'aeroporto di Lombok e lì mi sono appoggiato a un'agenzia locale: ho comprato l'unico biglietto disponibile per Bali, altri hanno fatto ore di fila in biglietteria. Nonostante questo siamo stati ore ad aspettare, continuavano a rimandare le partenze e i voli. Quando sono arrivato a Bali le cose sono andate meglio, anche se abbiamo avvertito una scossa anche lì. E ancora non riusciamo a tornare. Saremmo dovuti volare verso Shangai. Da lì mia moglie sarebbe dovuta tornare in Russia per prendere nostra figlia Olympia mentre io sarei dovuto tornare a Roma. Neanche qui però abbiamo ricevuto alcuna assistenza dalla Farnesina, solo la mia agenzia di viaggi ci ha supportato».
Francesco Malfetano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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