Spari sull'Onu a Duma bloccata la missione per l'inchiesta sui gas `

Giovedì 19 Aprile 2018
Spari sull'Onu a Duma bloccata la missione per l'inchiesta sui gas `
IL CONFLITTO
Ispezione soltanto con accesso incondizionato. È quanto chiede il team dell'Opac, l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche con sede a L'Aia (Paesi Bassi), per compiere l'ispezione a Duma, sobborgo a est di Damasco che sarebbe stato bersaglio di un attacco chimico lo scorso 7 aprile. La squadra dell'Opac era attesa nella località della Ghouta, la zona orientale alla periferia della capitale siriana, proprio per accertare che l'episodio sia effettivamente avvenuto e chi lo avrebbe compiuto. In conseguenza a questo presunto attacco chimico è seguito il raid congiunto di Stati Uniti, Regno Unito e Francia contro i depositi di armi chimiche di Bashir al Assad. «Al momento ha sottolineato il capo dell'Opac, Ahmet Uzumcu Non sappiamo quando la squadra potrà essere a Duma». L'Organizzazione, premio Nobel per la Pace nel 2013, ha fatto sapere che attende l'approvazione da parte del team dell'Onu che si occupa della sicurezza. Due giorni fa alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati contro una squadra di esperti delle Nazioni Unite presente nella città della Ghouta: nessun membro è rimasto ferito, ma il team è stato costretto a far rientro a Damasco.
Sempre ieri Raed Saleh, direttore dei cosiddetti Caschi bianchi (uomini e donne della Siryan Civil Defence, organizzazione fondata nel 2013 per scopi umanitari), ha consegnato agli esperti dell'Opac le coordinate del presunto attacco chimico. «Compreso l'esatto luogo di sepoltura delle vittime», ha sottolineato Saleh.
In attesa della verifica di quanto accaduto il 7 aprile, la crisi siriana continua a essere il principale banco di prova della diplomazia internazionale. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, in un dibattito all'Europarlamento, ha ribadito che «gli attacchi di Stati Uniti, Regno Unito e Francia in Siria erano necessari e proporzionati per scoraggiare l'uso futuro», riferendosi alle armi chimiche. Il presidente del Consiglio europeo si è rivolto anche a Mosca e Teheran, ricordando che «la Russia e l'Iran devono smettere di prendere in giro e impegnarsi a trovare una soluzione pacifica». Al conflitto siriano guardano anche gli altri paesi arabi, in particolare le monarchie del Golfo. L'Arabia Saudita, capofila dei paesi sunniti, si è detta disponibile a inviare proprie truppe in Siria. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri del regno, Adel al Jubeir, durante la conferenza stampa congiunta con il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, a Riad.
IL CONTINGENTE ARABO
Dell'invio di reparti sauditi e di altri paesi arabi in Siria si parla già dal 2011, all'epoca dell'Amministrazione Obama, sebbene con Trump alla Casa Bianca potrebbe assumere anche un messaggio in chiave anti-Iran, che guida i paesi sciiti nella regione. E continuano a moltiplicarsi le indiscrezioni di un conflitto tra Israele e Iran, in conseguenza all'instabilità della Siria. Secondo il quotidiano Jerusalem Post, lo Stato ebraico si starebbe preparando per un attacco transfrontaliero da parte delle Guardie della Rivoluzione iraniana in risposta al raid avvenuto la scorsa settimana sulla base siriana T-4, dove erano presenti Pasdaran iraniani, sette dei quali rimasti uccisi nell'operazione.
Simona Verrazzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci