Referendum, il Sì e il No spaccano partiti e big

Sabato 19 Settembre 2020
IL CASO
ROMA C'è chi dice no (ma ha votato sì). E c'è chi dice sì (ma aveva votato molte volte no). Se la politica potesse essere interpretata attraverso la chiave di lettura della coerenza, allora probabilmente l'esito del referendum sul taglio dei parlamentari che si tiene domani e lunedì avrebbe un finale più scontato di un romanzo Harmony, visto che in ultima lettura è stato votato quasi all'unanimità. E, invece, da una parte ci sono le linee ufficiali dei partiti e dall'altra un sacco di distinguo. D'altra parte, come è già successo per la riforma Renzi-Boschi, a subentrare sono anche altre logiche. Chi potrebbe a priori escludere ripercussioni sul governo se vincesse il No? E, infatti, c'è chi come il leghista Giancarlo Giorgetti ha addotto proprio questa motivazione per spiegare come mai - dopo essersi espresso quattro volte a favore adesso voterà contro.
LA SFIDA
E in questa sfida tra due diverse fazioni a schierarsi non sono soltanto gli addetti ai lavori, ma anche intellettuali, registi, scrittori e sportivi. Hanno, per esempio, dichiarato la loro intenzione di votare sì i giornalisti Giovanni Floris e Massimo Giletti, oltre a Marco Travaglio. E poi Gigi Proietti ed Erri De Luca.
Più nutrita la schiera dei volti noti che si sono fatti avanti per dichiarare la loro contrarietà: tra questi il regista Paolo Virzì, l'ex calciatore Billy Costacurta, Sabrina Ferilli, Roberto Vecchioni o il fotografo Oliviero Toscani. A fare molto rumore, poi, è stata la presa di posizione di Roberto Saviano, che non soltanto si è dichiarato a favore del No ma ha anche attaccato il Pd che, dopo aver intrapreso la strada del sì solo all'ultimo miglio in nome del patto di governo giallorosso, nell'ultima Direzione ha confermato quell'orientamento.
Il fatto, però, è che nel fronte del No si sono schierati pezzi grossi della storia dei Democratici come Romano Prodi e da ultimo Walter Veltroni, oltre a parlamentari in carica come Matteo Orfini o Laura Boldrini. Ha invece annunciato la sua intenzione di votare sì l'ex presidente del Consiglio, Enrico Letta. Spaccata in due anche la sinistra di governo: l'ala bersaniana, pur in nome della real politik, si è schierata per il Sì mentre Sinistra italiana per il No.
Meno confusa la situazione nel M5s che quella riforma ha voluto pervicacemente e che, per di più, ha bisogno del risultato referendario per oscurare i magri bottini elettorali che si profilano nelle Regioni. Molti malumori serpeggiano tra i parlamentari preoccupati di perdere il loro seggio, ma si tratta per lo più di un dissenso rimasto coperto. Eppure, anche in questo caso c'è chi ha alzato il ditino per dire di non essere d'accordo. Oltre alla deputata eletta all'estero, Elisa Siragusa anche Mara Lapia e Marinella Pacifico.
Matteo Renzi ha invece scelto di lasciare a Italia viva libertà di coscienza sebbene non abbia mai mancato in queste settimane di esprimere il suo pensiero decisamente critico definendo la riforma «uno spot» e «un tributo alla demagogia». Fuori dalla coalizione di governo, a fare campagna per il No sono soprattutto +Europa, con Emma Bonino e Benedetto Della Vedova, e Azione dei due ex dem Carlo Calenda e Matteo Richetti.
L'OPPOSIZIONE
Nei partiti di centrodestra che in Parlamento hanno sempre votato a favore il ragionamento sulle eventuali conseguenze per il governo ha fatto breccia in più di un parlamentare. La posizione ufficiale della Lega è a favore del Sì, anche perché i tre quarti del percorso della riforma sono stati decisi e votati quando il governo era ancora gialloverde. In più occasioni Matteo Salvini ha ribadito che dopo aver votato quattro volte sì coerenza vuole che si voti a favore anche al referendum confermativo. E tuttavia, ha precisato, che il Carroccio non è «una caserma». Infatti, a smarcarsi non sono stati proprio dei soldati semplici: oltre a Giorgetti anche Gian Marco Centinaio o Attilo Fontana.
Libertà di coscienza è stata data anche agli elettori di Forza Italia, partito che ha tra le sue file alcuni tra i maggiori animatori del fronte del No come il deputato Simone Baldelli o il senatore Andrea Cangini. Giorgia Meloni, in nome della coerenza con le posizioni assunte in Parlamento, ha schierato FdI a favore pur sottolineando che «se vince il Sì, non è una vittoria del governo» e comunque non ne farebbe «una malattia» se gli italiani decidessero in senso contrario.
Barbara Acquaviti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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