Lascia la casa ai profughi, insulti sul web: «Guadagna»

Lunedì 4 Dicembre 2017
Lascia la casa ai profughi, insulti sul web: «Guadagna»
IL CASO
TREVISO Quando due anni e mezzo fa si prese i profughi in casa venne sommerso di critiche. Tutti giù a fargli i conti in tasca, accusandolo di averlo fatto per soldi. E lui i conti, pochi mesi dopo, li ha resi pubblici, spiegando per filo e per segno come spendeva i famosi 30 euro al giorno ricevuti per ognuno dei sei richiedenti asilo ai quali aveva aperto le porte della sua abitazione di Camalò di Povegliano. Di guadagni, carta canta, meno di zero. E ora che quella casa rimarrà a quegli ospiti africani (e ai due dei suoi quattro figli ancora sotto il tetto familiare) due dei quali con la protezione internazionale in tasca, gli altri ancora dietro a far ricorsi e contro ricorsi nonostante lavorino e parlino l'italiano perfettamente o quasi, e che il professor Antonio Calò andrà a vivere con la moglie Nicoletta assieme a un parroco di Treviso, don Giovanni Kirschner, per avviare un progetto d'accoglienza questa volta rivolto a famiglie, giovani in difficoltà, divorziato o anziani, ecco ancora che il web si scatena.
I COMMENTI
Numerosi i commenti sia sul sito che sulla pagina Facebook del Gazzettino: «Ha il suo bel tornaconto economico!», «Se avesse dato la casa ad italiani in estrema povertà allora sarebbe un santo, ma ha preferito darla agli immigrati percependo 35 euro a persona: non è santità è business», «Se si trasferisse lui in Africa sarebbe meglio: uno scambio alla pari», sono solo alcuni dei commenti sprezzanti apparsi nelle ultime ore accanto alla notizia relativa alla nuova avventura dei Calò, pensata assieme alla Diocesi di Treviso anche in un'ottica di modernizzazione di una Chiesa in difficoltà tra sacerdoti in crisi di vocazione, mancanza di seminaristi, e condizioni sempre più isolate dei preti. Pure loro, insomma, cercano un aiuto, ed è anche questo che vuole fare il professore: sostenere un'istituzione in crisi. Aiutando il prossimo.
LA REPLICA
Calò, di fronte a questo tipo di attacchi, ha sempre scosso la testa rispondendo così: «Non vedere il bene è pericoloso, e di fronte all'ignoranza non posso nulla: vorrei sapere se chi protesta è qualcuno che accoglie gli italiani disgraziati oppure non fa nulla. Ma chi è contrario a ciò che faccio, può venire a trovarmi. La mia porta è sempre aperta». Quanto ai famosi 30 euro al giorno per migrante, la questione è ancor più semplice. I suoi 6 ospiti - come già detto da Calò - dallo scorso marzo sono usciti economicamente dal sistema d'accoglienza e lo Stato non eroga più per loro nemmeno un euro. Anche perché tra stage e contratti di lavoro, a tempo determinato, hanno raggiunto una seppur minima indipendenza economica. Quanto ai fondi percepiti fino a marzo, Calò ribadisce: «Se qualcuno pensi che ci si guadagni, faccia come ho fatto io». Quando fece i conti su quanto percepiva per i 6 migranti, anche se c'è da ricordare che il denaro è sempre stato erogato non a lui direttamente, ma alla cooperativa cui si è appoggiato, il professore ha spiegato che oltre a vitto, bollette e spese quotidiane, i 30 euro sono stati utilizzati per pagare, e in qualche caso assumere, i 6 professionisti di cui si è servito e si serve ancora: dall'assistente sociale allo psicologo, dall'insegnante d'italiano all'avvocato che ha seguito e sta seguendo tutte i procedimenti per lo status di rifugiato.
Alberto Beltrame
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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